CROI 2024

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11/03/2024 13:12 - 11/03/2024 13:13 #1 da LilaMod
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CROI 2024 - XXXI Conferenza sui Retrovirus ed Infezioni Opportunistiche

Data: 3-6 marzo 2024
Autore: NAM Aidsmap

LILA Onlus - Lega Italiana per la Lotta contro l'AIDS, in collaborazione con  NAM Aidsmap , è lieta di fornirti la copertura scientifica ufficiale on-line della XXXI Conferenza sui Retrovirus ed Infezioni Opportunistiche ( CROI 2024 ), che si terrà a Denver, USA, dal 3 al 6 marzo 2024.
NAM sarà presente e riferirà sui temi chiave della Conferenza inviando bollettini riassuntivi in italiano, grazie alla collaborazione con LILA Onlus, via email.
 

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11/03/2024 13:15 - 11/03/2024 13:16 #2 da LilaMod
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PRIMO BOLLETTINO

San Francisco, IST in calo dopo l'introduzione della doxyPEP.
L'assunzione dell'antibiotico doxiciclina dopo i rapporti sessuali sembra aver ridotto l'incidenza delle infezioni sessualmente trasmissibili (IST) in una serie di studi condotti a San Francisco.
Lo studio DoxyPEP ha arruolato oltre 500 uomini omo- e bisessuali e donne transgender con infezione da HIV o in trattamento con la PrEP a San Francisco e Seattle. La fase randomizzata è stata interrotta anticipatamente per via dell'elevata efficacia dimostrata dalla doxyPEP contro clamidia e sifilide: tutti i partecipanti sono stati informati dei risultati e hanno avuto la possibilità di continuare ad assumere la doxyPEP in aperto.La prof.ssa Annie Luetkemeyer della University of California San Francisco ha riferito che, durante la fase randomizzata, solo il 12% dei partecipanti nel braccio di intervento con la doxyPEP aveva contratto un'IST, contro il 31% di quelli del braccio di controllo con trattamento standard. Nell'estensione in aperto, quando tutti i partecipanti assumevano la doxyPEP, i tassi di IST nei due bracci si sono attestati rispettivamente al 13% e 17%. Nel braccio di controllo si è osservato dunque un drastico calo dell'incidenza, e questo malgrado il fatto che nel breve termine fosse raddoppiato il numero di partner sessuali e di rapporti non protetti riferiti dai partecipanti.
Nell'ottobre 2022, San Francisco è stata la prima città a raccomandare la doxyPEP, per uomini omo- e bisessuali e per persone transgender.

Il trattamento iniettabile per l'HIV si mostra efficace quanto quello standard in uno studio africano.
In un ampio studio condotto in Africa, il trattamento iniettabile con cabotegravir e rilpivirina si è mostrato in grado di mantenere la soppressione virale con un'efficacia pari a quella del trattamento antiretrovirale standard assunto per via orale: è quanto riferito a CROI 2024 dal prof. Nicholas Paton della London School of Hygiene and Tropical Medicine.
Si tratta del primo studio sull'impiego di soluzioni terapeutiche iniettabili in persone con infezione da HIV in Africa. Il regime sperimentato – composto dall'inibitore dell'integrasi cabotegravir e dall'inibitore non nucleosidico della trascrittasi inversa (NNRTI) rilpivirina – è già approvato in Europa, Nord America e Australia. Il trattamento viene somministrato tramite iniezione intramuscolare una volta ogni due mesi.Prima di inserire l'opzione del trattamento iniettabile nei programmi di trattamento dell'HIV, occorre dare tutta una serie di risposte in merito alla sua efficacia. Le persone con infezione da HIV in Africa hanno infatti maggiori probabilità di aver già assunto un NNRTI in passato o di avere una resistenza ai farmaci pre-trattamento, il che potrebbe compromettere l'efficacia della rilpivirina. È poi noto che almeno un sottotipo di HIV (l'A6) è meno suscettibile al regime iniettabile, e nelle popolazioni africane sono presenti diversi sottotipi di HIV, soprattutto l'A1. Eventuali differenze nella distribuzione del grasso corporeo, infine, possono influenzare l'assorbimento dei farmaci iniettati nel muscolo gluteo.

L'analisi finale di uno studio francese sulle IST spegne la speranza intorno a un vaccino contro la gonorrea.
Un anno fa, i risultati intermedi dello studio DoxyVAC avevano fatto sperare che la combinazione della doxyPEP con un candidato vaccino contro la gonorrea potesse ridurre in modo significativo i casi delle tre più importanti IST di natura batterica tra uomini omo- e bisessuali.L'analisi finale dello studio, presentata a CROI 2024 dal prof. Jean-Michel Molina dell'Hôpital St Louis di Parigi, ha però evidenziato una minore efficacia contro la gonorrea sia nei partecipanti che assumevano la doxyPEP che in quelli che assumevano il vaccino, oltre che un aumento della resistenza alla doxiciclina nei partecipanti trattati con la doxyPEP che avevano contratto la gonorrea. Sembrerebbe dunque che l'utilità di questi farmaci preventivi contro la gonorrea sia limitata.

Occorre poter passare più agevolmente dalla PEP alla PrEP – e viceversa.
Secondo esperti intervenuti a CROI 2024, i servizi che offrono la profilassi post-esposizione (PEP) e pre-esposizione (PrEP) devono dialogare di più, creando collegamenti più forti tra i due percorsi di prevenzione dell'infezione da HIV che aiutino coloro che scelgono un metodo ad accedere all'altro.
Anche se il numero di persone che richiedono la PEP resta complessivamente limitato, negli ultimi anni accade spesso che chi chiede farmaci post-esposizione prima aveva assunto la PrEP; per un motivo o per l'altro, però, non era riuscito a farlo con la dovuta costanza, e per questo si trova a ricorrere a una misura di emergenza. Al contempo, è probabile che molte persone a cui è stata prescritta la PEP abbiano nuovamente bisogno di protezione nelle settimane e nei mesi successivi.
La dott.ssa Mary Tanner dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC) ha denunciato una mancanza di dialogo tra servizi PEP e PrEP negli Stati Uniti.
Durante il primo decennio successivo alla sua introduzione (dal 2013), l'adesione alla PrEP è cresciuta costantemente, da zero a circa 450.000 nel 2022. Nello stesso lasso di tempo, invece, l'impiego della PEP è rimasto praticamente invariato: ogni anno sono state effettuate tra le 14.000 e le 18.000 prescrizioni.

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11/03/2024 13:18 - 11/03/2024 13:19 #3 da LilaMod
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SECONDO BOLLETTINO

Nuovi antiretrovirali a monosomministrazione settimanale all'orizzonte.
Sono stati presentati questa settimana alla 31° Conferenza su Retrovirus e Infezioni Opportunistiche (CROI 2024), in corso a Denver, Stati Uniti, due nuovi antiretrovirali ad assunzione orale che potrebbero consentire la somministrazione una sola volta alla settimana.I nuovi principi attivi sono già stati sottoposti a studi di fase 1, con cui si definisce il dosaggio appropriato e si identificano eventuali effetti collaterali gravi. Le successive fasi di sperimentazione, con cui si verificano efficacia, dosaggio e sicurezza di un nuovo farmaco, richiederanno dai tre ai cinque anni per essere portate a termine.I farmaci presentati questa settimana non saranno dunque disponibili nel prossimo futuro, ma sono indicativi della direzione in cui si sta muovendo il mercato degli antiretrovirali: dosaggi meno frequenti, sia per il trattamento che per la PrEP.

Diagnosi di HIV in calo negli stati USA con elevata copertura PrEP.
Tra il 2012 e il 2021, negli stati USA con la più elevata copertura della PrEP il numero di nuove diagnosi di HIV è drasticamente e continuamente calato, ha riferito a CROI 2024 il dott. Dr Patrick Sullivan.Da quando è stata per la prima volta approvata nel 2012, il ricorso alla PrEP (farmaci assunti regolarmente per prevenire l'infezione da HIV) è stabilmente aumentato negli Stati Uniti: si stima che nel 2022 l'abbiano assunta 363.957 persone. A livello di popolazione, l'impatto maggiore si ha quando la PrEP viene prescritta e portata avanti con costanza da chi ne ha più bisogno, come gli uomini omo- e bisessuali che hanno rapporti non protetti.Sullivan e colleghi hanno esaminato i dati relativi alle prescrizioni di PrEP e quelli provenienti dal monitoraggio delle dispensazioni in farmacia negli Stati Uniti dal 2012 al 2021. I ricercatori hanno preso in considerazione la percentuale di persone che assumevano la PrEP su ogni 100 che corrispondevano alle indicazioni dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC), fornendo una stima della copertura della PrEP in rapporto al bisogno.

La variabilità della distribuzione del dolutegravir potrebbe influire sulla sua capacità di sopprimere i reservoir HIV.
L'analisi dei tessuti prelevati da sei persone con infezione da HIV subito dopo il decesso ha evidenziato variazioni nelle concentrazioni di dolutegravir in diversi siti corporei, si apprende da una ricerca presentata a CROI 2024.I campioni di tessuto esaminati sono stati raccolti da persone con infezione da HIV in fin di vita che avevano acconsentito a donarli post-mortem. L'analisi della distribuzione dei farmaci serve a valutare la capacità di un farmaco di raggiungere i siti di destinazione nell'organismo. Nel caso dell'HIV, la distribuzione è buona quando il farmaco raggiunge una concentrazione ottimale nei tessuti immunitari e nei reservoir virali.
Tutti e sei i donatori erano in trattamento con un regime antiretrovirale a base di dolutegravir. I campioni sono stati raccolti e analizzati entro sei ore dal decesso: sono stati ricavati 22 campioni di tessuto da diversi siti corporei di ciascun paziente.

Se un anticorpo è inefficace, perché non provare con tre?
A CROI 2024 sono stati presentati i dati più recenti emersi da uno studio sul trattamento con una combinazione di anticorpi monoclonali neutralizzanti (bnAbs).I bnAbs sono al centro della ricerca sul trattamento e la prevenzione dell'HIV da circa 15 anni. Si tratta di molecole proteiche in grado di eliminare i virus, neutralizzandoli: l'HIV però si è finora dimostrato troppo veloce per loro, muta e sviluppa farmacoresistenze. Così la ricerca sui bnAbs si è concentrata sul trovare un modo per introdurli prima, quando sono ancora efficaci contro l'HIV. Le singole molecole possono poi ingenerare farmacoresistenze, da cui l'ipotesi che possa essere più efficace impiegare una combinazione di tre bnAbs.Nell'ultimo studio, il dott. Boris Juelg e i suoi colleghi del Ragon Institute del Massachusetts hanno preso in considerazione 12 persone con infezione da HIV che hanno interrotto la terapia antiretrovirale (ART) per ricevere una triplice combinazione di bnAbs per via endovenosa ogni quattro settimane, fino alla 20° settimana. I partecipanti sono stati poi monitorati per almeno altre 20 settimane e, se la loro carica virale tornava a superare quota 1000, ricominciavano ad assumere ART.

Anticorpi monoclonali neutralizzati e antiretrovirali a lunga durata d'azione potrebbero fare il paio.
Due presentazioni di CROI 2024 sembrano indicare che due antiretrovirali a lunga durata d'azione – il lenacapavir (Sunlenca) e il cabotegravir (Vocabria) – potrebbero essere abbinati con successo agli anticorpi monoclonali neutralizzanti (bnAbs) per il trattamento dell'HIV.Il prof. Joseph Eron della University of North Carolina di Chapel Hill ha presentato i risultati di uno studio di fase 1b su lenacapavir più teropavimab e zinlirvimab, due anticorpi attualmente allo studio presso Gilead Sciences.Il lenacapavir è un inibitore del capside dell'HIV approvato per trattare pazienti con fallimenti terapeutici alle spalle e con ceppi virali multiresistenti. Viene somministrato per via iniettiva una volta ogni sei mesi. Entrambi i bnAbs sono stati modificati per prolungarne l'emivita e consentire una somministrazione meno frequente.

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11/03/2024 13:21 - 11/03/2024 13:22 #4 da LilaMod
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TERZO BOLLETTINO

La somministrazione precoce di antiretrovirali nei neonati potrebbe in alcuni casi mantenere soppresso l'HIV dopo l'interruzione del trattamento.
Secondo i risultati di uno studio presentato questa settimana alla 31° Conferenza su Retrovirus e Infezioni Opportunistiche (CROI 2024) in corso a Denver, Stati Uniti, una piccola percentuale di neonati a cui sono somministrati farmaci antiretrovirali entro le prime 48 ore dalla nascita potrebbe raggiungere la soppressione virale continua dopo l'interruzione del trattamento.Le donne con HIV in gravidanza non trattate con terapia antiretrovirale (ART) hanno dal 15 al 45% di probabilità di trasmettere l'infezione ai figli durante la gestazione, il parto o l'allattamento. L'assunzione di antiretrovirali riduce il rischio a meno dell'1%, ma ci sono donne che non ricevono assistenza tempestiva nel periodo prenatale o non hanno accesso ai farmaci.È quanto accaduto nel caso della madre di quella che è stata soprannominata la "bambina del Mississippi": la donna non assumeva antiretrovirali e presentava carica virale rilevabile al momento del parto. Dato l'alto rischio di esposizione, alla neonata è stata somministrata una terapia antiretrovirale combinata ad appena 30 ore di vita, ma non è bastato a impedire l'infezione. All'età di 18 mesi, poi, la famiglia ha interrotto il trattamento; eppure, quando diversi mesi dopo si è ripresentata alle cure, la bambina era ancora viralmente soppressa – il che per i medici era un'evenienza inattesa.Purtroppo, dopo che è riuscita a tenerla sotto controllo per 27 mesi senza farmaci, la sua carica virale è tornata rilevabile; il suo caso però ha fornito ulteriori evidenze a sostegno del fatto che un inizio molto precoce del trattamento possa contribuire a limitare il reservoir virale e rendere possibile una cura funzionale, soprattutto nei bambini.

La combinazione di islatravir e lenacapavir potrebbe rappresentare il primo regime orale a monosomministrazione settimanale per il trattamento dell'HIV.
Un regime orale a base di lenacapavir e islatravir che può essere assunto una sola volta alla settimana si è mostrato in grado tenere a bada la replicazione dell'HIV con la stessa efficacia di un regime che richiede l'assunzione quotidiana dei farmaci. È quanto emerge da uno studio presentato a CROI 2024 dalla dott.ssa Amy Colson della Community Resource Initiative di Boston.Il lenacapavir (sviluppato da Gilead Sciences) è il primo inibitore del capside dell'HIV, mentre l'islatravir (targato Merck) è primo di una nuova classe di farmaci chiamata inibitori della traslocazione nucleosidica della trascrittasi inversa.Quello presentato è uno studio di fase II in aperto che ha arruolato 104 adulti con HIV trattati con Biktarvy (bictegravir / tenofovir alafenamide / emtricitabina) in soppressione virale. L'età mediana dei partecipanti era di 40 anni, e il 18% erano donne. I partecipanti sono stati randomizzati per continuare ad assumere il Biktarvy una volta al giorno oppure passare a un regime costituito da una compressa di 2mg di islatravir più 300mg di lenacapavir da assumere una sola volta alla settimana.

HIV e ipertensione: migliori risultati con gli approcci che mettono al centro la persona.
Tre studi presentati a CROI 2024 hanno illustrato degli approcci innovativi con cui si può rendere efficacemente disponibile il trattamento dell'ipertensione per le persone HIV-positive nei centri specializzati nella cura dell'HIV oppure tramite operatori attivi sul territorio, con buoni risultati in termini di riduzione dei valori pressori.Malgrado sia comprovato che presentano un rischio cardiovascolare più elevato rispetto al resto della popolazione, le persone con infezione da HIV restano sottotrattate per fattori di rischio come ipertensione e colesterolo alto.Nello studio EXTRA-CVD, il dott. Chris Longenecker della University of Washington e i suoi colleghi hanno disegnato un intervento mirato a rimuovere le barriere che secondo le ricerche ostacolano la cura di ipertensione e ipercolesterolemia. Per lo studio, svolto in Ohio e in North Carolina, 297 persone HIV-positive con ipertensione e colesterolo alto sono state randomizzate per ricevere assistenza da parte di personale infermieristico con monitoraggio pressorio domiciliare oppure l'assistenza standard, con educazione alla prevenzione.

PrEP, positivi i risultati in termini di aderenza di uno studio su giovani donne condotto in Africa.
Sono positivi i risultati di uno studio sulla somministrazione di PrEP (farmaci assunti regolarmente per prevenire l'infezione da HIVV) per via orale a giovani donne condotto in sei paesi africani con elevata prevalenza HIV: l'adesione è stata alta, le partecipanti sono state costanti e hanno mostrato buoni livelli di aderenza, si è appreso a CROI 2024.La coorte INSIGHT è uno studio sulla PrEP condotto in 14 siti in Sudafrica e un sito in ciascuno dei seguenti paesi: Eswatini, Kenya, Malawi, Uganda e Zambia. I dati sono stati raccolti tra l'agosto 2022 e l'agosto 2023, anche se il tempo di follow-up per ogni partecipante è stato di sei mesi.Per lo studio era stata valutata l'inclusione di 3342 donne, ma 142 sono risultate positive all'HIV (4,2%) e altre 113 non erano eleggibili per altri motivi; le partecipanti sono quindi scese a 3087. L'età media era di 24 anni. La maggior parte (96%) aveva un partner principale e poche avevano avuto più di due partner negli ultimi tre mesi. Circa il 30% aveva un'infezione batterica a trasmissione sessuale, che è stata trattata. Quasi una su sette (13,6%) aveva già assunto la PrEP in precedenza.

Stati Uniti, cancro alla prostata diagnosticato più tardivamente negli uomini HIV+.
In uno studio presentato a CROI 2024 è stato osservato che gli uomini con infezione da HIV più facilmente ricevevano una diagnosi tardiva di cancro alla prostata, e più difficilmente si sottoponevano ai test che possono evidenziare un rischio aumentato di sviluppare questo tipo di neoplasia.Il prof. Keith Sigel della Icahn School of Medicine del Mount Sinai Hospital di New York ha presentato uno studio sulle diagnosi e gli outcome del cancro alla prostata in un gruppo di individui appartenenti al Veterans Aging Cohort Study. Negli Stati uniti, il programma sanitario del Dipartimento degli Affari dei Veterani è quello che contribuisce maggiormente alla fornitura di cure per l'HIV.Gli autori dell'analisi hanno abbinato 751 uomini con HIV a cui era stato diagnosticato un cancro alla prostata tra il 2001 e il 2018 con 2778 uomini HIV-negativi che avevano ricevuto la medesima diagnosi nello stesso periodo.

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15/03/2024 11:28 - 15/03/2024 11:30 #5 da LilaMod
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BOLLETTINO CONCLUSIVO

Australia, incidenza HIV in forte calo per chi assume la PrEP con costanza
Un'analisi condotta su due gruppi direttamente comparabili di una popolazione di persone che assumono la PrEP (farmaci regolari per prevenire l'infezione da HIV) in Australia ha evidenziato una riduzione del 79% dell'incidenza HIV tra coloro che assumevano i farmaci con maggiore regolarità.
I risultati sono stati presentati dal dott. Nicholas Medland del Kirby Institute, Università del New South Wales, alla 31° Conferenza su Retrovirus e Infezioni Opportunistiche (CROI 2024) tenutasi la scorsa settimana a Denver, Stati Uniti.
In Australia, la PrEP è sovvenzionata dal governo fin dal 2018 ed è disponibile attraverso il servizio sanitario nazionale: i farmaci sono dunque poco costosi e altamente accessibili.
Medland e colleghi hanno disegnato un'analisi basata su un confronto diretto tra due gruppi di persone eleggibili per la PrEP: uno che ha continuato ad assumere i farmaci nel tempo, e l'altro che non ha invece proseguito dopo la prima prescrizione. Raffrontando i dati relativi all'erogazione della PrEP e a quella delle terapie antiretrovirali (il ricorso alle quali è indicativo di una diagnosi di HIV), gli studiosi hanno stimato per ciascun gruppo il numero di persone che hanno acquisito l'HIV tra il 2018 e il 2023. 

Il ricorso alla PrEP aumenta nettamente se i servizi offrono scelta, flessibilità e disponibilità di farmaci iniettabili
Dopo aver già evidenziato in passato come un intervento di prevenzione dell'HIV dinamico e attento alle esigenze individuali conduca a un notevole aumento delle persone coperte da PrEP o PEP, un programma condotto nelle zone rurali di Kenya e Uganda ha ora dimostrato i benefici aggiuntivi che si possono ottenere offrendo una scelta tra PrEP orale e iniettiva.
"Per aumentare la copertura della prevenzione biomedica servono interventi flessibili e individualizzati, ma serve anche il cabotegravir a lunga durata d'azione", ha detto a CROI 2024 il dott. Moses Kamya dell'Università di Makerere, in Uganda.Alla Conferenza dello scorso anno, il team di ricerca aveva presentato i risultati ottenuti con un approccio che mette la persona al centro dell'intervento preventivo: con l'offerta standard, le persone che richiedevano PrEP o PEP (il trattamento d'emergenza che si assume per prevenire l'HIV dopo un sospetto contatto) restavano una minoranza; quando invece i servizi sono stati ottimizzati per offrire scelta e flessibilità, il ricorso è più che raddoppiato. 

La resistenza al dolutegravir diventerà un problema?
Svariati interventi di CROI 2024 hanno affrontato la questione del dolutegravir e delle resistenze che il virus dell'HIV starebbe iniziando a sviluppare contro questo inibitore dell'integrasi, che è uno degli antiretrovirali più utilizzati al mondo. Nelle linee guida dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, il dolutegravir è considerato "pietra angolare" del trattamento dell'HIV sia di prima che di seconda linea.
L'insorgenza di una resistenza significativa al dolutegravir è un evento poco comune, ma si sta osservando sempre più frequentemente soprattutto in alcuni gruppi, tra cui i bambini.
Il dott. George Bello dell'International Training and Education Center for Health di Lilongwe, Malawi, ha presentato uno studio condotto su 302 bambini di età compresa tra i 2 e i 14 anni, in trattamento con dolutegravir da più di nove mesi e con carica virale superiore a 1000. 

Il cabotegravir a lunghissima durata d'azione potrebbe permettere la somministrazione tre sole volte all'anno
Secondo i primi risultati di uno studio, una formulazione del cabotegravir a lunghissima durata d'azione potrebbe offrire un'opzione terapeutica per la PrEP e per il trattamento HIV che permette somministrazioni molto distanziate nel tempo, anche a intervalli di quattro mesi.Il dott. Kelong Han della casa farmaceutica GSK ha valutato insieme ai suoi colleghi la sicurezza e la farmacocinetica del cabotegravir in diverse formulazioni e con diversi metodi di somministrazione in uno studio di fase I condotto su 70 partecipanti.
In primo luogo i ricercatori hanno testato la versione approvata di 200 mg/ml di cabotegravir (CAB200) somministrata per iniezione sottocutanea nell'addome insieme alla ialuronidasi umana ricombinante PH20 (rHuPH20), che consente volumi di iniezione più elevati. Il farmaco non è stato però ben tollerato, e otto partecipanti hanno manifestato gravi reazioni al sito di iniezione. Si è dunque deciso di abbandonare questo dosaggio. 

HIV e steatosi epatica, buoni risultati con il semaglutide
In uno studio presentato a CROI 2021, il semaglutide (un farmaco noto per essere impiegato per la perdita di peso in alcuni paesi) si è mostrato in grado di ridurre l'accumulo di grasso epatico e la steatosi epatica associata a disfunzione metabolica nella persona con infezione da HIV.
La steatosi epatica associata a disfunzione metabolica – o MASLD, dall'inglese Metabolic Dysfunction Associated Steatotic Liver Disease – è una patologia responsabile di un numero sempre maggiore di epatopatie gravi in tutto il mondo. Comunemente nota anche come 'fegato grasso', questo tipo di steatosi è associato a obesità, diabete di tipo 2 e altre anomalie del metabolismo. Nel tempo, l'accumulo di grasso nel fegato può condurre a infiammazioni, fibrosi e cirrosi epatiche e cancro.Il dott. Jordan Lake dell'Università del Texas, sede di Houston, ha presentato i risultati di SLIM LIVER, uno studio di fase IIb mirato a valutare gli effetti del semaglutide sul contenuto di grasso epatico in persone con infezione da HIV. 

Stati Uniti, le diagnosi di HIV tra gli uomini neri diminuiscono – ma i progressi sono lenti
Negli Stati Uniti, per gli uomini omo- e bisessuali è generalmente diminuito il rischio di acquisire l'HIV nel corso della vita: da 1 su 2 nel periodo 2010-2014 si è scesi a 1 su 3 nel periodo 2017-2021, si apprende dai dati presentati dai ricercatori dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC).Tuttavia persistono le disparità tra uomini bianchi e neri e, secondo alcune stime, negli ultimi anni sarebbero perfino aumentate, nonostante la diminuzione della quantità di nuove diagnosi per entrambi i gruppi. 

Statine e malattie cardiache, servono indicazioni mirate per le donne con HIV
Nelle attività di counseling sul rischio di malattie cardiache e l'assunzione di statine nelle donne con infezione da HIV, quando si illustrano i risultati dello studio REPRIEVE sull'efficacia delle terapie con statine occorre sottolineare che i livelli di rischio di malattia cardiovascolare per uomini e donne HIV-positivi sono simili, ha detto la scorsa settimana a CROI 2024 un'autrice dello studio.
Occorre poi che le donne siano adeguatamente informate sui sintomi delle malattie cardiache e di come essi differiscono nell'uomo e nella donna. 

Lo switch terapeutico a un inibitore dell'integrasi intorno alla menopausa causa maggior aumento di peso
Nelle donne con infezione da HIV in prossimità della menopausa, lo switch terapeutico a un inibitore dell'integrasi è associato a un aumento ponderale più rapido rispetto a quelle in pre-menopausa: è quanto si apprende da uno studio retrospettivo di coorte condotto negli Stati Uniti. 

Il dolutegravir non risulta associato ad aumenti della pressione in gravidanza
In un ampio studio internazionale non è stata riscontrata alcuna associazione tra il dolutegravir e un aumento del rischio di ipertensione arteriosa durante la gravidanza, ha riferito la prof.ssa Risa Hoffman a nome del team di studiosi che ha condotto IMPAACT 2010.

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