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24/02/2023 12:06 - 24/02/2023 12:13 #1
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CROI 2023 - XXX Conferenza sui Retrovirus ed Infezioni Opportunistiche
Data: 19 - 22 febbraio 2023
Autore: NAM Aidsmap
LILA Onlus - Lega Italiana per la Lotta contro l'Aids, in collaborazione con NAM , è lieta di fornirti la copertura scientifica ufficiale on-line della XXX Conferenza sui Retrovirus e le Infezioni opportunistiche ( CROI 2023 ), che si è tenuta a Seattle, USA, dal 19 al 22 febbraio 2023.
Data: 19 - 22 febbraio 2023
Autore: NAM Aidsmap
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24/02/2023 12:11 - 24/02/2023 12:17 #2
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Risposta da LilaMod al topic CROI 2023
PRIMO BOLLETTINO
Un vaccino e PEP con doxiciclina riducono entrambi il rischio di gonorrea.
Un vaccino contro la gonorrea sperimentato in uno studio francese denominato DOXYVAC si è mostrato in grado di dimezzare il tasso di infezione ripetuta in un gruppo di maschi omo e bisessuali.
Lo studio ha parallelamente indagato l'efficacia della doxiciclina assunta per la profilassi post-esposizione (‘doxyPEP’) contro le infezioni batteriche sessualmente trasmissibili (IST). L’antibiotico non solo ha abbattuto i tassi di clamidia e sifilide rispettivamente dell'88% e dell'87%, ma ha anche "inaspettatamente" ridotto del 51% il tasso di gonorrea, indipendentemente dall'effetto del vaccino. Il vaccino impiegato nello studio è 4CmenB, un vaccino contro la meningite da meningococco B commercializzato con il nome di Bexsero, che era noto per avere anche una modesta efficacia contro la gonorrea. I partecipanti sono stati randomizzati per ricevere solo il vaccino, solo la doxiciclina, entrambi i farmaci o nessuno dei due. Tutti i partecipanti contemporaneamente assumevano la PrEP per l’HIV, farmaci che vengono presi regolarmente allo scopo di prevenire l'infezione.
La PEP con doxiciclina sembrerebbe inefficace nelle donne cisgender.
L’impiego di doxiciclina per la profilassi post-esposizione (doxyPEP), risultato altamente efficace contro le infezioni sessualmente trasmesse (IST) negli uomini omo- e bisessuali e donne transgender, non ha dimostrato un’elevata efficacia preventiva nelle giovani donne cisgender coinvolte in uno studio condotto in Africa. Il regime prevede l’assunzione di 200mg dell’antibiotico doxiciclina entro le 72 ore successive a un rapporto non protetto da preservativo. Oltre allo studio DOXYVAC di cui si riferiva più sopra, l’efficacia della doxyPEP era corroborata anche da uno studio presentato l’estate scorsa, condotto su MSM (uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini) e donne transgender negli Stati Uniti, nel quale la doxiciclina si era mostrata in grado di ridurre di oltre il 60% a trimestre la quantità di nuove infezioni batteriche a trasmissione sessuale (clamidia, gonorrea e sifilide). L’efficacia della doxyPEP non era però ancora stata testata sulle donne cisgender. A farlo è stato uno studio denominato dPEP, condotto su un campione di giovani donne a Kismu, una città situata in un’area del Kenya con alti tassi di IST ed elevata prevalenza di gonorrea farmacoresistente.
Studio sulla doxyPEP rileva una limitata diffusione di gonorrea farmacoresistente.
L'impiego dell'antibiotico doxiciclina per la prevenzione delle infezioni sessualmente trasmissibili (IST) di origine batterica gonorrea, clamidia e sifilide (doxyPEP) ha suscitato il timore che possa favorire la diffusione di ceppi farmacoresistenti, specialmente nel caso del batterio che causa la gonorrea. Tuttavia, l’analisi dei casi di farmacoresistenza osservati tra i partecipanti dello studio statunitense sulla doxyPEP di cui lo scorso anno sono stati presentati i risultati principali mostra che sì, in effetti la resistenza alla doxiciclina e ad altri farmaci della sua classe non è rara, ma sono stati osservati solo aumenti contenuti della percentuale di infezioni da gonorrea che mostrano una resistenza significativa e c’era ben poca differenza nei tassi di resistenza tra chi assumeva doxyPEP e chi no. Nello studio, l’assunzione di doxiciclina ha mostrato di ridurre il tasso a cui uomini omo- e bisessuali e donne transgender acquisivano infezioni sessualmente trasmissibili di origine batterica in un qualsiasi periodo di tre mesi. L'efficacia contro la clamidia è risultata dell'88% e contro la sifilide dell'87% nei partecipanti HIV-negativi e del 77% e 74% in quelli con HIV.
Paziente tedesco in remissione dall’HIV da quasi 10 anni dopo trapianto di staminali.
Un uomo di Düsseldorf, in Germania, che ha ricevuto un trapianto di cellule staminali da un donatore con una mutazione resistente all’HIV quasi dieci anni fa e, oltre quattro anni fa, ha smesso di assumere la terapia antiretrovirale non mostra tracce rilevabili di HIV ed è stato dichiarato curato: è quanto si apprende da un rapporto pubblicato ieri. L'uomo, di nome Marc, oggi 53enne, aveva ricevuto una diagnosi di leucemia mieloide acuta (un tumore del sangue potenzialmente letale) nel 2011, pochi mesi dopo aver iniziato la terapia antiretrovirale. Dopo la chemioterapia, nel febbraio 2013, ha ricevuto un trapianto di cellule staminali da un donatore non familiare che presentava due copie di una rara mutazione genetica nota come CCR5-delta32; questa mutazione elimina i recettori che la maggior parte dei ceppi di HIV usano per introdursi nei linfociti CD4. Di fatto, in questo modo, le cellule del donatore donano al ricevente un nuovo sistema immunitario resistente all'HIV. Dopo oltre cinque anni in cui l'HIV si è mantenuto non rilevabile, insieme al suo team di medici l’uomo ha deciso di provare a sospendere il trattamento antiretrovirale, sotto stretto controllo medico, nel novembre 2018. Da allora, hanno testato il suo sangue usando strumenti ultrasensibili e hanno esaminato le sue cellule immunitarie periferiche e il tessuto intestinale e linfonodale, ma senza trovare tracce di HIV in grado di replicarsi.
Il "paziente di Düsseldorf" sembra dunque entrare a fare parte del novero delle cinque persone che sono riuscite ad eliminare l'HIV dopo il trapianto. I ricercatori stanno ancora lavorando per capire perché in questo caso dopo il trapianto di cellule staminali si è ottenuto questo successo, mentre altri tentativi sono falliti.
I test POC al momento del parto migliorano il trattamento preventivo precoce per i neonati a rischio di HIV.
Eseguire il test della carica virale sul sito di cura (o POC, da point-of-care) ai neonati e iniziare preventivamente la terapia antiretrovirale ha consentito di ridurre i decessi dei bambini con HIV del 67% nei primi sei mesi di vita: è quanto si apprende da un ampio studio randomizzato presentato dagli autori a CROI 2023.Lo studio LIFE si prefiggeva di indagare se l’esecuzione del test della carica virale al POC subito dopo il parto portasse a una riduzione dei decessi e all’aumento della soppressione virale, rispetto alla pratica standard, che consiste nell’esecuzione del test per l'HIV circa sei settimane dopo la nascita.
Per lo studio sono stati arruolati 6605 neonati in 28 strutture sanitarie in Mozambico e Tanzania. Nel corso dello studio, è stato diagnosticato l'HIV a 124 bambini (1,9% dei partecipanti). In più della metà dei casi (51%) la diagnosi è stata fatta alla nascita, nel 32% entro le 6 settimane di età e nel 16% entro le 12 settimane di età. La mortalità è risultata più alta nei neonati nel braccio di controllo (test a sei settimane). Il 14% dei bambini del braccio di controllo sono morti, dopo un periodo mediano di 14 settimane, contro il 5% nel braccio di intervento (test alla nascita), dopo un periodo mediano di 23 settimane.
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Un vaccino e PEP con doxiciclina riducono entrambi il rischio di gonorrea.
Un vaccino contro la gonorrea sperimentato in uno studio francese denominato DOXYVAC si è mostrato in grado di dimezzare il tasso di infezione ripetuta in un gruppo di maschi omo e bisessuali.
Lo studio ha parallelamente indagato l'efficacia della doxiciclina assunta per la profilassi post-esposizione (‘doxyPEP’) contro le infezioni batteriche sessualmente trasmissibili (IST). L’antibiotico non solo ha abbattuto i tassi di clamidia e sifilide rispettivamente dell'88% e dell'87%, ma ha anche "inaspettatamente" ridotto del 51% il tasso di gonorrea, indipendentemente dall'effetto del vaccino. Il vaccino impiegato nello studio è 4CmenB, un vaccino contro la meningite da meningococco B commercializzato con il nome di Bexsero, che era noto per avere anche una modesta efficacia contro la gonorrea. I partecipanti sono stati randomizzati per ricevere solo il vaccino, solo la doxiciclina, entrambi i farmaci o nessuno dei due. Tutti i partecipanti contemporaneamente assumevano la PrEP per l’HIV, farmaci che vengono presi regolarmente allo scopo di prevenire l'infezione.
La PEP con doxiciclina sembrerebbe inefficace nelle donne cisgender.
L’impiego di doxiciclina per la profilassi post-esposizione (doxyPEP), risultato altamente efficace contro le infezioni sessualmente trasmesse (IST) negli uomini omo- e bisessuali e donne transgender, non ha dimostrato un’elevata efficacia preventiva nelle giovani donne cisgender coinvolte in uno studio condotto in Africa. Il regime prevede l’assunzione di 200mg dell’antibiotico doxiciclina entro le 72 ore successive a un rapporto non protetto da preservativo. Oltre allo studio DOXYVAC di cui si riferiva più sopra, l’efficacia della doxyPEP era corroborata anche da uno studio presentato l’estate scorsa, condotto su MSM (uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini) e donne transgender negli Stati Uniti, nel quale la doxiciclina si era mostrata in grado di ridurre di oltre il 60% a trimestre la quantità di nuove infezioni batteriche a trasmissione sessuale (clamidia, gonorrea e sifilide). L’efficacia della doxyPEP non era però ancora stata testata sulle donne cisgender. A farlo è stato uno studio denominato dPEP, condotto su un campione di giovani donne a Kismu, una città situata in un’area del Kenya con alti tassi di IST ed elevata prevalenza di gonorrea farmacoresistente.
Studio sulla doxyPEP rileva una limitata diffusione di gonorrea farmacoresistente.
L'impiego dell'antibiotico doxiciclina per la prevenzione delle infezioni sessualmente trasmissibili (IST) di origine batterica gonorrea, clamidia e sifilide (doxyPEP) ha suscitato il timore che possa favorire la diffusione di ceppi farmacoresistenti, specialmente nel caso del batterio che causa la gonorrea. Tuttavia, l’analisi dei casi di farmacoresistenza osservati tra i partecipanti dello studio statunitense sulla doxyPEP di cui lo scorso anno sono stati presentati i risultati principali mostra che sì, in effetti la resistenza alla doxiciclina e ad altri farmaci della sua classe non è rara, ma sono stati osservati solo aumenti contenuti della percentuale di infezioni da gonorrea che mostrano una resistenza significativa e c’era ben poca differenza nei tassi di resistenza tra chi assumeva doxyPEP e chi no. Nello studio, l’assunzione di doxiciclina ha mostrato di ridurre il tasso a cui uomini omo- e bisessuali e donne transgender acquisivano infezioni sessualmente trasmissibili di origine batterica in un qualsiasi periodo di tre mesi. L'efficacia contro la clamidia è risultata dell'88% e contro la sifilide dell'87% nei partecipanti HIV-negativi e del 77% e 74% in quelli con HIV.
Paziente tedesco in remissione dall’HIV da quasi 10 anni dopo trapianto di staminali.
Un uomo di Düsseldorf, in Germania, che ha ricevuto un trapianto di cellule staminali da un donatore con una mutazione resistente all’HIV quasi dieci anni fa e, oltre quattro anni fa, ha smesso di assumere la terapia antiretrovirale non mostra tracce rilevabili di HIV ed è stato dichiarato curato: è quanto si apprende da un rapporto pubblicato ieri. L'uomo, di nome Marc, oggi 53enne, aveva ricevuto una diagnosi di leucemia mieloide acuta (un tumore del sangue potenzialmente letale) nel 2011, pochi mesi dopo aver iniziato la terapia antiretrovirale. Dopo la chemioterapia, nel febbraio 2013, ha ricevuto un trapianto di cellule staminali da un donatore non familiare che presentava due copie di una rara mutazione genetica nota come CCR5-delta32; questa mutazione elimina i recettori che la maggior parte dei ceppi di HIV usano per introdursi nei linfociti CD4. Di fatto, in questo modo, le cellule del donatore donano al ricevente un nuovo sistema immunitario resistente all'HIV. Dopo oltre cinque anni in cui l'HIV si è mantenuto non rilevabile, insieme al suo team di medici l’uomo ha deciso di provare a sospendere il trattamento antiretrovirale, sotto stretto controllo medico, nel novembre 2018. Da allora, hanno testato il suo sangue usando strumenti ultrasensibili e hanno esaminato le sue cellule immunitarie periferiche e il tessuto intestinale e linfonodale, ma senza trovare tracce di HIV in grado di replicarsi.
Il "paziente di Düsseldorf" sembra dunque entrare a fare parte del novero delle cinque persone che sono riuscite ad eliminare l'HIV dopo il trapianto. I ricercatori stanno ancora lavorando per capire perché in questo caso dopo il trapianto di cellule staminali si è ottenuto questo successo, mentre altri tentativi sono falliti.
I test POC al momento del parto migliorano il trattamento preventivo precoce per i neonati a rischio di HIV.
Eseguire il test della carica virale sul sito di cura (o POC, da point-of-care) ai neonati e iniziare preventivamente la terapia antiretrovirale ha consentito di ridurre i decessi dei bambini con HIV del 67% nei primi sei mesi di vita: è quanto si apprende da un ampio studio randomizzato presentato dagli autori a CROI 2023.Lo studio LIFE si prefiggeva di indagare se l’esecuzione del test della carica virale al POC subito dopo il parto portasse a una riduzione dei decessi e all’aumento della soppressione virale, rispetto alla pratica standard, che consiste nell’esecuzione del test per l'HIV circa sei settimane dopo la nascita.
Per lo studio sono stati arruolati 6605 neonati in 28 strutture sanitarie in Mozambico e Tanzania. Nel corso dello studio, è stato diagnosticato l'HIV a 124 bambini (1,9% dei partecipanti). In più della metà dei casi (51%) la diagnosi è stata fatta alla nascita, nel 32% entro le 6 settimane di età e nel 16% entro le 12 settimane di età. La mortalità è risultata più alta nei neonati nel braccio di controllo (test a sei settimane). Il 14% dei bambini del braccio di controllo sono morti, dopo un periodo mediano di 14 settimane, contro il 5% nel braccio di intervento (test alla nascita), dopo un periodo mediano di 23 settimane.
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24/02/2023 12:20 - 24/02/2023 12:21 #3
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Risposta da LilaMod al topic CROI 2023
SECONDO BOLLETTINO
L’mpox (vaiolo delle scimmie) può assumere forme molto gravi nelle persone con infezione da HIV incontrollata.
L’mpox (la nuova denominazione raccomandata per sostituire quella di ‘vaiolo delle scimmie’) può assumere forme decisamente più gravi nelle persone HIV-positive con conte dei CD4 molto basse, tanto che alcuni esperti auspicano che venga classificato come infezione opportunistica AIDS-definente.
Sono i risultati dell’analisi di una case series globale – una raccolta di casi clinici con elementi in comune – presentata alla 30° Conferenza su Retrovirus e Infezioni Opportunistiche (CROI 2023) in corso a Seattle e descritta contemporaneamente su Lancet.I primi casi del più recente focolaio di mpox sono stati segnalati nel maggio 2022. Da allora, sono stati riportati più di 86.000 contagi in 110 paesi, con 96 decessi. La maggior parte dei casi hanno interessato maschi omo- e bisessuali e altri uomini che hanno rapporti sessuali con uomini (MSM).
Dopo il picco raggiunto nella seconda metà dell’estate scorsa, i casi di mpox sono drasticamente diminuiti; tuttavia, il loro numero effettivo potrebbe essere sottostimato, i tassi di vaccinazione contro l’mpox sono bassi e in molti paesi restano indisponibili sia i vaccini che il trattamento antivirale per l’mpox.
L’anello vaginale con dapivirina è sicuro anche al terzo trimestre di gravidanza e in allattamento.
Nuovi studi presentati questa settimana a CROI 2023 attestano la sicurezza dell’impiego nel terzo trimestre di gravidanza e in allattamento dell’anello vaginale in silicone che rilascia l’antivirale dapivirina, usato per la profilassi pre-esposizione (PrEP) dell’HIV. Sempre da questi studi giunge ulteriore conferma della sicurezza dell’assunzione quotidiana della PrEP per via orale anche durante la gravidanza.
I dati degli studi di fase III Ring Study e ASPIRE avevano già mostrato che questo dispositivo era in grado di ridurre il rischio di infezione da HIV di circa il 30%. Da analisi successive è poi emerso che l'anello, da sostituirsi una volta al mese, nelle donne che lo usavano correttamente e regolarmente poteva ridurre il rischio di infezione fino al 75%.Alle partecipanti rimaste incinte nel periodo dello studio l’anello è stato prontamente rimosso per timore che insorgessero effetti collaterali, ma i dati relativi a queste 240 donne non mostrano alcun aumento di rischio di complicanze gravidiche e perinatali a causa dell’impiego del dispositivo al momento del concepimento.
Questi primi studi condotti su donne in fase avanzata di gravidanza e durante il periodo di allattamento ora confermano che l’impiego dell’anello vaginale a rilascio di dapivirina è sicuro anche al terzo trimestre di gravidanza o nelle donne che allattano, e non comporta rischi per la salute dei bambini.
Gli inibitori dell’integrasi non aumentano il rischio cardiovascolare, emerge da uno studio svizzero.
In una coorte di pazienti con infezione da HIV, chi iniziava ad assumere un regime comprendente un inibitore dell’integrasi non è risultato più esposto a rischio di infarto, ictus o altri eventi che necessitassero di intervento chirurgico, ha riferito a CROI 2023 il dott. Bernard Surial dello Swiss HIV Cohort Study.
Se gli inibitori dell'integrasi incidano o meno sul rischio cardiovascolare è una questione su cui c’è dell’incertezza. Sebbene gli inibitori dell'integrasi tendano a causare meno aumenti del colesterolo, la loro assunzione è associata a un aumento di peso dopo l'inizio del trattamento, il che potrebbe aumentare il rischio di malattie cardiovascolari. Gli studi fin qui condotti in merito hanno prodotto risultati contraddittori.Per questo nuovo studio, i ricercatori hanno valutato il rischio di un evento cardiovascolare grave (ictus, infarto o un problema che richiedeva un intervento invasivo come un’angioplastica o l’impianto di stent) in una coorte di pazienti con HIV che hanno iniziato il trattamento in Svizzera dopo il maggio 2008.
È più efficiente prescrivere la doxyPEP dopo una diagnosi di IST che a interi gruppi di popolazione.
Prescrivendo la doxiciclina per la profilassi post-esposizione (doxyPEP) a uomini omo- e bisessuali e donne transgender dopo che hanno già ricevuto una diagnosi di IST (infezione sessualmente trasmessa) anziché concentrarsi su specifici gruppi di popolazione “a rischio più elevato” si ridurrebbe la diffusione delle STI limitando anche la quantità di persone che devono assumere l’antibiotico: sono le conclusioni a cui sono giunti gli autori di uno studio presentato a CROI 2023."Facendo particolare riferimento alla nostra coorte, stimiamo che prescrivendo la doxyPEP per 12 mesi dopo una diagnosi di IST sarebbe stato possibile evitare il 42% di tutti gli eventi di infezione a trasmissione sessuale", ha detto il dott. Michael Traeger della Harvard Medical School.Tre studi clinici hanno dimostrato che l’assunzione dell'antibiotico doxiciclina a uomini omo- e bisessuali e donne transgender entro le 72 ore successive a un rapporto non protetto da preservativo riduce le IST. La doxyPEP ha dimostrato un'efficacia relativamente elevata nel prevenire la clamidia e la sifilide; almeno in questi gruppi, invece, è risultata meno efficace nel prevenire la gonorrea.
Gli studi precedenti avevano dimostrato una riduzione delle IST a livello individuale, mentre questa analisi mirava a esplorare se e quanto la diffusione di queste infezioni si sarebbe ridotta a livello di comunità in base alle diverse strategie di prescrizione della doxyPEP.
Ora che lo studio Mosaico ha chiuso, tutta l’attenzione è sugli anticorpi neutralizzanti.
A CROI 2023, i proff. Susan Buchbinder e Larry Corey hanno reso pubblici ulteriori dettagli circa la prematura interruzione di Mosaico, un’ampia sperimentazione di un vaccino contro l’HIV, e hanno offerto qualche riflessione più generale sul futuro della ricerca in questo campo.
Mosaico era uno studio clinico in cui è stato somministrato un vaccino anti-HIV oppure un placebo a 3900 tra uomini omo- e bisessuali cisgender e transgender e donne transgender in Europa e nelle Americhe: è stato chiuso a gennaio dopo che il vaccino sotto esame non si è dimostrato sufficientemente efficace nel prevenire l’infezione da HIV."Sfortunatamente i risultati dello studio non hanno mostrato l’efficacia sperata, anzi, i tassi di infezione sono risultati in realtà piuttosto alti", ha detto la prof.ssa Buchbinder durante una conferenza stampa. L'incidenza complessiva dell'HIV, ha riferito la studiosa, era di 4,1 per 100 anni-persona sia nel braccio di intervento (quello in cui veniva somministrato il vaccino) che in quello di controllo con il placebo.
Quello testato da Mosaico era un vaccino mirato a stimolare la produzione di anticorpi non neutralizzanti. A differenza degli anticorpi neutralizzanti, che impediscono direttamente a un agente patogeno di diffondersi nell’organismo, gli anticorpi non neutralizzanti innescano risposte immunitarie che combattono le infezioni in maniera indiretta.
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L’mpox (vaiolo delle scimmie) può assumere forme molto gravi nelle persone con infezione da HIV incontrollata.
L’mpox (la nuova denominazione raccomandata per sostituire quella di ‘vaiolo delle scimmie’) può assumere forme decisamente più gravi nelle persone HIV-positive con conte dei CD4 molto basse, tanto che alcuni esperti auspicano che venga classificato come infezione opportunistica AIDS-definente.
Sono i risultati dell’analisi di una case series globale – una raccolta di casi clinici con elementi in comune – presentata alla 30° Conferenza su Retrovirus e Infezioni Opportunistiche (CROI 2023) in corso a Seattle e descritta contemporaneamente su Lancet.I primi casi del più recente focolaio di mpox sono stati segnalati nel maggio 2022. Da allora, sono stati riportati più di 86.000 contagi in 110 paesi, con 96 decessi. La maggior parte dei casi hanno interessato maschi omo- e bisessuali e altri uomini che hanno rapporti sessuali con uomini (MSM).
Dopo il picco raggiunto nella seconda metà dell’estate scorsa, i casi di mpox sono drasticamente diminuiti; tuttavia, il loro numero effettivo potrebbe essere sottostimato, i tassi di vaccinazione contro l’mpox sono bassi e in molti paesi restano indisponibili sia i vaccini che il trattamento antivirale per l’mpox.
L’anello vaginale con dapivirina è sicuro anche al terzo trimestre di gravidanza e in allattamento.
Nuovi studi presentati questa settimana a CROI 2023 attestano la sicurezza dell’impiego nel terzo trimestre di gravidanza e in allattamento dell’anello vaginale in silicone che rilascia l’antivirale dapivirina, usato per la profilassi pre-esposizione (PrEP) dell’HIV. Sempre da questi studi giunge ulteriore conferma della sicurezza dell’assunzione quotidiana della PrEP per via orale anche durante la gravidanza.
I dati degli studi di fase III Ring Study e ASPIRE avevano già mostrato che questo dispositivo era in grado di ridurre il rischio di infezione da HIV di circa il 30%. Da analisi successive è poi emerso che l'anello, da sostituirsi una volta al mese, nelle donne che lo usavano correttamente e regolarmente poteva ridurre il rischio di infezione fino al 75%.Alle partecipanti rimaste incinte nel periodo dello studio l’anello è stato prontamente rimosso per timore che insorgessero effetti collaterali, ma i dati relativi a queste 240 donne non mostrano alcun aumento di rischio di complicanze gravidiche e perinatali a causa dell’impiego del dispositivo al momento del concepimento.
Questi primi studi condotti su donne in fase avanzata di gravidanza e durante il periodo di allattamento ora confermano che l’impiego dell’anello vaginale a rilascio di dapivirina è sicuro anche al terzo trimestre di gravidanza o nelle donne che allattano, e non comporta rischi per la salute dei bambini.
Gli inibitori dell’integrasi non aumentano il rischio cardiovascolare, emerge da uno studio svizzero.
In una coorte di pazienti con infezione da HIV, chi iniziava ad assumere un regime comprendente un inibitore dell’integrasi non è risultato più esposto a rischio di infarto, ictus o altri eventi che necessitassero di intervento chirurgico, ha riferito a CROI 2023 il dott. Bernard Surial dello Swiss HIV Cohort Study.
Se gli inibitori dell'integrasi incidano o meno sul rischio cardiovascolare è una questione su cui c’è dell’incertezza. Sebbene gli inibitori dell'integrasi tendano a causare meno aumenti del colesterolo, la loro assunzione è associata a un aumento di peso dopo l'inizio del trattamento, il che potrebbe aumentare il rischio di malattie cardiovascolari. Gli studi fin qui condotti in merito hanno prodotto risultati contraddittori.Per questo nuovo studio, i ricercatori hanno valutato il rischio di un evento cardiovascolare grave (ictus, infarto o un problema che richiedeva un intervento invasivo come un’angioplastica o l’impianto di stent) in una coorte di pazienti con HIV che hanno iniziato il trattamento in Svizzera dopo il maggio 2008.
È più efficiente prescrivere la doxyPEP dopo una diagnosi di IST che a interi gruppi di popolazione.
Prescrivendo la doxiciclina per la profilassi post-esposizione (doxyPEP) a uomini omo- e bisessuali e donne transgender dopo che hanno già ricevuto una diagnosi di IST (infezione sessualmente trasmessa) anziché concentrarsi su specifici gruppi di popolazione “a rischio più elevato” si ridurrebbe la diffusione delle STI limitando anche la quantità di persone che devono assumere l’antibiotico: sono le conclusioni a cui sono giunti gli autori di uno studio presentato a CROI 2023."Facendo particolare riferimento alla nostra coorte, stimiamo che prescrivendo la doxyPEP per 12 mesi dopo una diagnosi di IST sarebbe stato possibile evitare il 42% di tutti gli eventi di infezione a trasmissione sessuale", ha detto il dott. Michael Traeger della Harvard Medical School.Tre studi clinici hanno dimostrato che l’assunzione dell'antibiotico doxiciclina a uomini omo- e bisessuali e donne transgender entro le 72 ore successive a un rapporto non protetto da preservativo riduce le IST. La doxyPEP ha dimostrato un'efficacia relativamente elevata nel prevenire la clamidia e la sifilide; almeno in questi gruppi, invece, è risultata meno efficace nel prevenire la gonorrea.
Gli studi precedenti avevano dimostrato una riduzione delle IST a livello individuale, mentre questa analisi mirava a esplorare se e quanto la diffusione di queste infezioni si sarebbe ridotta a livello di comunità in base alle diverse strategie di prescrizione della doxyPEP.
Ora che lo studio Mosaico ha chiuso, tutta l’attenzione è sugli anticorpi neutralizzanti.
A CROI 2023, i proff. Susan Buchbinder e Larry Corey hanno reso pubblici ulteriori dettagli circa la prematura interruzione di Mosaico, un’ampia sperimentazione di un vaccino contro l’HIV, e hanno offerto qualche riflessione più generale sul futuro della ricerca in questo campo.
Mosaico era uno studio clinico in cui è stato somministrato un vaccino anti-HIV oppure un placebo a 3900 tra uomini omo- e bisessuali cisgender e transgender e donne transgender in Europa e nelle Americhe: è stato chiuso a gennaio dopo che il vaccino sotto esame non si è dimostrato sufficientemente efficace nel prevenire l’infezione da HIV."Sfortunatamente i risultati dello studio non hanno mostrato l’efficacia sperata, anzi, i tassi di infezione sono risultati in realtà piuttosto alti", ha detto la prof.ssa Buchbinder durante una conferenza stampa. L'incidenza complessiva dell'HIV, ha riferito la studiosa, era di 4,1 per 100 anni-persona sia nel braccio di intervento (quello in cui veniva somministrato il vaccino) che in quello di controllo con il placebo.
Quello testato da Mosaico era un vaccino mirato a stimolare la produzione di anticorpi non neutralizzanti. A differenza degli anticorpi neutralizzanti, che impediscono direttamente a un agente patogeno di diffondersi nell’organismo, gli anticorpi non neutralizzanti innescano risposte immunitarie che combattono le infezioni in maniera indiretta.
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TERZO BOLLETTINO
PrEP, per le donne potrebbe essere efficace anche una sola iniezione trimestrale.
Uno studio ha rilevato che, nell’organismo delle donne, il cabotegravir è in grado di mantenersi a una concentrazione tale che potrebbe bastare anche solo un’iniezione ogni tre mesi a garantire la protezione dall’HIV.
Il dott. Mark Marzinke della Johns Hopkins University ha analizzato i livelli farmacologici delle partecipanti a HPTN 084, uno studio sulla profilassi pre-esposizione (ossia l’assunzione regolare di farmaci atti a prevenire l’infezione da HIV), concentrandosi su quelle che saltavano un’iniezione e per le quali di conseguenza trascorrevano intervalli più lunghi tra le somministrazioni.
Le prime due iniezioni erano programmate a quattro settimane di distanza l’una dall’altra per far raggiungere al farmaco un certo livello di concentrazione; le successive venivano poi somministrate ogni otto settimane. I casi di iniezioni non effettuate nei tempi previsti sono stati 224.
I vaccini antivaiolo di prima, seconda e terza generazione proteggono anche dall’mpox.
Quando, nel 2022, il virus dell’mpox (nuova denominazione del vaiolo delle scimmie) ha iniziato a propagarsi rapidamente in paesi in cui non era endemico, la vaccinazione contro il vaiolo era ampiamente raccomandata non solo per ridurre al minimo i sintomi della malattia, ma anche a scopo preventivo.
Al tempo mancavano però dati su quanto il vaccino antivaiolo avrebbe potuto essere efficace contro l’mpox. Due studi provenienti da Francia e Stati Uniti e presentati a CROI 2023 hanno però dato risultati che possono contribuire a colmare questa mancanza.Quando è stato segnalato il primo caso di mpox in Francia, il dott. Dr Jade Ghosn dell’Università Paris-Cité e il suo team stavano conducendo il trial clinico DOXYVAC su una coorte di maschi omo- e bisessuali che ricevevano la PrEP e che avevano recentemente contratto un’infezione sessualmente trasmessa: una popolazione con maggiori probabilità di contrarre l’mpox.
L’11 luglio 2022, le autorità francesi hanno lanciato una campagna per incoraggiare gli uomini omo- e bisessuali che intrattenevano relazioni con più di un partner sessuale ad aderire alla vaccinazione con un antivaiolo di terza generazione denominato MVA-BN (commercializzato come Imvanex in Europa e Jynneos negli Stati Uniti).Le strutture cliniche che aderivano al trial DOXYVAC l’hanno offerto ai partecipanti, e un'alta percentuale (87%) ha accettato di vaccinarsi.
Tra i 77 partecipanti che hanno contratto l’infezione da mpox, 61 casi si sono verificati prima della campagna vaccinale di luglio, contro solo 16 dopo. Confrontando i rapporti dei tassi di incidenza con quelli degli uomini che non si erano vaccinati, il vaccino mostrava un’efficacia preventiva contro l’mpox del 99%.
Il dolutegravir più darunavir risulta superiore rispetto a una combinazione di tre farmaci con darunavir nel trattamento di seconda linea.
La combinazione dolutegravir più darunavir/ritonavir è risultata superiore a un regime con un inibitore della proteasi potenziato nel trattamento di seconda linea dell’HIV per pazienti andati incontro a fallimento terapeutico con un regime di prima linea contenente un inibitore non nucleosidico della trascrittasi inversa (NNRTI), si è appreso a CROI 2023.
Le attuali linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomandano, in caso di fallimento terapeutico con un regime di prima linea che non comprende il dolutegravir, il trattamento di seconda linea con un regime a base di dolutegravir con un backbone di inibitori nucleotidici della trascrittasi inversa (NRTI), scelti idealmente sulla base dei risultati dei test di farmacoresistenza.
In passato, l’OMS raccomandava in questi casi di associare ai due NRTI un inibitore della proteasi potenziato. Il preferito nelle linee guida europee e statunitensi è il darunavir potenziato con ritonavir per via della sua elevata barriera alle resistenze.Lo studio D2EFT ha messo a confronto i regimi con darunavir/ritonavir più due NRTI con una nuova combinazione: darunavir/ritonavir con l'inibitore dell'integrasi dolutegravir. Con questo regime non sarebbe più necessario eseguire il test di farmacoresistenza e si potrebbe evitare anche l'impiego dell’NRTI zidovudina, che non è ben tollerata.
Dopo l’inizio dell’arruolamento per lo studio è stato aggiunto un terzo braccio trattato con dolutegravir e riciclo del backbone tenofovir-emtricitabina/lamivudina (TDF/XTC), a seguito di studi secondo cui il riciclo di NRTI potrebbe dimostrarsi efficace.
Nelle zone rurali dell’Uganda passarsi i farmaci per l’HIV è pratica diffusa.
Nelle zone rurali dell’Uganda, quasi una persona su dieci che assume la terapia antiretrovirale (ART) riferisce di aver passato i farmaci a qualcun altro, si apprende da uno studio presentato a CROI 2023.
Gli autori volevano capire quante persone avessero passato ad altri, regalato, comprato o venduto farmaci per l'HIV, a/da chi lo avessero fatto, e se questa pratica potesse avere una qualche associazione con la soppressione virale. Hanno perciò inserito domande in merito all’interno dei questionari somministrati tra il 2018 e il 2020 nell’ambito del Rakai Community Cohort Study, un’indagine longitudinale di tutti adulti di una quarantina di comunità nell'Uganda centro-meridionale di età compresa tra 15 e 49 anni che hanno acconsentito a partecipare.Delle 20.000 persone circa che hanno compilato il questionario, 2852 hanno riferito di assumere la ART e sono dunque state incluse nel campione di studio.
Tra queste, 266 (il 9,3%) hanno riferito di avere almeno una volta dato ad altri, ricevuto o (in alcuni casi) comprato i farmaci antiretrovirali. Nessuno ha invece riferito di averli venduti.
La maggior parte dei partecipanti che ha ammesso la pratica ha detto di aver sia ceduto i farmaci ad altri che averli ricevuti. Gli scambi erano quasi sempre con persone molto vicine ai partecipanti: amici, coniugi e partner sessuali.
Lo switch a cabotegravir e rilpivirina iniettabili influisce raramente sul peso corporeo.
In un gruppo di persone con HIV che hanno effettuato uno switch terapeutico dal Biktarvy a un regime iniettabile a base di cabotegravir e rilpivirina si sono raramente osservate variazioni sostanziali del peso corporeo, ha riferito a CROI 2023 il dott. Darrell Tan del St Michael’s Hospital di Toronto.Anche tra i partecipanti trattati fino al momento dello switch con un regime contenente tenofovir alafenamide (TAF) – un farmaco fortemente associato all'aumento ponderale se combinato con un inibitore dell'integrasi – pochi sono andati incontro a sostanziali perdite di peso.
I pazienti che assumevano un trattamento di prima linea contenente inibitori dell’integrasi risultano più soggetti all’aumento di peso rispetto a chi è trattato con regimi che ne sono privi. Alcuni studi hanno dimostrato che assumendo dolutegravir e bictegravir si tende ad aumentare di più di peso che assumendo elvitegravir.
Il regime a lunga durata d'azione con cabotegravir e rilpivirina è un’opzione praticabile per i pazienti viralmente non soppressi.
Secondo un rapporto presentato al CROI 2023, il regime iniettabile a lunga durata d’azione con cabotegravir e rilpivirina a lunga durata d'azione può rappresentare un'opzione terapeutica praticabile per quanti hanno difficoltà con le cure tradizionali per l'HIV e non riescono a mantenere la soppressione virale con la terapia antiretrovirale orale.
Sia l'Agenzia Europea per i Medicinali che la Food and Drug Administration degli Stati Uniti hanno finora approvato questo regime solo in caso di pazienti che assumono stabilmente i farmaci antiretrovirali per via orale e che hanno ottenuto la soppressione virale.La prof.ssa Monica Gandhi, direttrice medica del Ward 86 (un centro dello Zuckerberg San Francisco General Hospital specializzato nell’assistenza per l’HIV), ha riferito sui risultati ottenuti con 133 persone che hanno iniziato la terapia con cabotegravir e rilpivirina a lunga durata d'azione tra il giugno 2021 e il novembre 2022. Ai partecipanti non era richiesto di essere viralmente soppressi al basale né di far precedere il trattamento da una fase di induzione orale.
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PrEP, per le donne potrebbe essere efficace anche una sola iniezione trimestrale.
Uno studio ha rilevato che, nell’organismo delle donne, il cabotegravir è in grado di mantenersi a una concentrazione tale che potrebbe bastare anche solo un’iniezione ogni tre mesi a garantire la protezione dall’HIV.
Il dott. Mark Marzinke della Johns Hopkins University ha analizzato i livelli farmacologici delle partecipanti a HPTN 084, uno studio sulla profilassi pre-esposizione (ossia l’assunzione regolare di farmaci atti a prevenire l’infezione da HIV), concentrandosi su quelle che saltavano un’iniezione e per le quali di conseguenza trascorrevano intervalli più lunghi tra le somministrazioni.
Le prime due iniezioni erano programmate a quattro settimane di distanza l’una dall’altra per far raggiungere al farmaco un certo livello di concentrazione; le successive venivano poi somministrate ogni otto settimane. I casi di iniezioni non effettuate nei tempi previsti sono stati 224.
I vaccini antivaiolo di prima, seconda e terza generazione proteggono anche dall’mpox.
Quando, nel 2022, il virus dell’mpox (nuova denominazione del vaiolo delle scimmie) ha iniziato a propagarsi rapidamente in paesi in cui non era endemico, la vaccinazione contro il vaiolo era ampiamente raccomandata non solo per ridurre al minimo i sintomi della malattia, ma anche a scopo preventivo.
Al tempo mancavano però dati su quanto il vaccino antivaiolo avrebbe potuto essere efficace contro l’mpox. Due studi provenienti da Francia e Stati Uniti e presentati a CROI 2023 hanno però dato risultati che possono contribuire a colmare questa mancanza.Quando è stato segnalato il primo caso di mpox in Francia, il dott. Dr Jade Ghosn dell’Università Paris-Cité e il suo team stavano conducendo il trial clinico DOXYVAC su una coorte di maschi omo- e bisessuali che ricevevano la PrEP e che avevano recentemente contratto un’infezione sessualmente trasmessa: una popolazione con maggiori probabilità di contrarre l’mpox.
L’11 luglio 2022, le autorità francesi hanno lanciato una campagna per incoraggiare gli uomini omo- e bisessuali che intrattenevano relazioni con più di un partner sessuale ad aderire alla vaccinazione con un antivaiolo di terza generazione denominato MVA-BN (commercializzato come Imvanex in Europa e Jynneos negli Stati Uniti).Le strutture cliniche che aderivano al trial DOXYVAC l’hanno offerto ai partecipanti, e un'alta percentuale (87%) ha accettato di vaccinarsi.
Tra i 77 partecipanti che hanno contratto l’infezione da mpox, 61 casi si sono verificati prima della campagna vaccinale di luglio, contro solo 16 dopo. Confrontando i rapporti dei tassi di incidenza con quelli degli uomini che non si erano vaccinati, il vaccino mostrava un’efficacia preventiva contro l’mpox del 99%.
Il dolutegravir più darunavir risulta superiore rispetto a una combinazione di tre farmaci con darunavir nel trattamento di seconda linea.
La combinazione dolutegravir più darunavir/ritonavir è risultata superiore a un regime con un inibitore della proteasi potenziato nel trattamento di seconda linea dell’HIV per pazienti andati incontro a fallimento terapeutico con un regime di prima linea contenente un inibitore non nucleosidico della trascrittasi inversa (NNRTI), si è appreso a CROI 2023.
Le attuali linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomandano, in caso di fallimento terapeutico con un regime di prima linea che non comprende il dolutegravir, il trattamento di seconda linea con un regime a base di dolutegravir con un backbone di inibitori nucleotidici della trascrittasi inversa (NRTI), scelti idealmente sulla base dei risultati dei test di farmacoresistenza.
In passato, l’OMS raccomandava in questi casi di associare ai due NRTI un inibitore della proteasi potenziato. Il preferito nelle linee guida europee e statunitensi è il darunavir potenziato con ritonavir per via della sua elevata barriera alle resistenze.Lo studio D2EFT ha messo a confronto i regimi con darunavir/ritonavir più due NRTI con una nuova combinazione: darunavir/ritonavir con l'inibitore dell'integrasi dolutegravir. Con questo regime non sarebbe più necessario eseguire il test di farmacoresistenza e si potrebbe evitare anche l'impiego dell’NRTI zidovudina, che non è ben tollerata.
Dopo l’inizio dell’arruolamento per lo studio è stato aggiunto un terzo braccio trattato con dolutegravir e riciclo del backbone tenofovir-emtricitabina/lamivudina (TDF/XTC), a seguito di studi secondo cui il riciclo di NRTI potrebbe dimostrarsi efficace.
Nelle zone rurali dell’Uganda passarsi i farmaci per l’HIV è pratica diffusa.
Nelle zone rurali dell’Uganda, quasi una persona su dieci che assume la terapia antiretrovirale (ART) riferisce di aver passato i farmaci a qualcun altro, si apprende da uno studio presentato a CROI 2023.
Gli autori volevano capire quante persone avessero passato ad altri, regalato, comprato o venduto farmaci per l'HIV, a/da chi lo avessero fatto, e se questa pratica potesse avere una qualche associazione con la soppressione virale. Hanno perciò inserito domande in merito all’interno dei questionari somministrati tra il 2018 e il 2020 nell’ambito del Rakai Community Cohort Study, un’indagine longitudinale di tutti adulti di una quarantina di comunità nell'Uganda centro-meridionale di età compresa tra 15 e 49 anni che hanno acconsentito a partecipare.Delle 20.000 persone circa che hanno compilato il questionario, 2852 hanno riferito di assumere la ART e sono dunque state incluse nel campione di studio.
Tra queste, 266 (il 9,3%) hanno riferito di avere almeno una volta dato ad altri, ricevuto o (in alcuni casi) comprato i farmaci antiretrovirali. Nessuno ha invece riferito di averli venduti.
La maggior parte dei partecipanti che ha ammesso la pratica ha detto di aver sia ceduto i farmaci ad altri che averli ricevuti. Gli scambi erano quasi sempre con persone molto vicine ai partecipanti: amici, coniugi e partner sessuali.
Lo switch a cabotegravir e rilpivirina iniettabili influisce raramente sul peso corporeo.
In un gruppo di persone con HIV che hanno effettuato uno switch terapeutico dal Biktarvy a un regime iniettabile a base di cabotegravir e rilpivirina si sono raramente osservate variazioni sostanziali del peso corporeo, ha riferito a CROI 2023 il dott. Darrell Tan del St Michael’s Hospital di Toronto.Anche tra i partecipanti trattati fino al momento dello switch con un regime contenente tenofovir alafenamide (TAF) – un farmaco fortemente associato all'aumento ponderale se combinato con un inibitore dell'integrasi – pochi sono andati incontro a sostanziali perdite di peso.
I pazienti che assumevano un trattamento di prima linea contenente inibitori dell’integrasi risultano più soggetti all’aumento di peso rispetto a chi è trattato con regimi che ne sono privi. Alcuni studi hanno dimostrato che assumendo dolutegravir e bictegravir si tende ad aumentare di più di peso che assumendo elvitegravir.
Il regime a lunga durata d'azione con cabotegravir e rilpivirina è un’opzione praticabile per i pazienti viralmente non soppressi.
Secondo un rapporto presentato al CROI 2023, il regime iniettabile a lunga durata d’azione con cabotegravir e rilpivirina a lunga durata d'azione può rappresentare un'opzione terapeutica praticabile per quanti hanno difficoltà con le cure tradizionali per l'HIV e non riescono a mantenere la soppressione virale con la terapia antiretrovirale orale.
Sia l'Agenzia Europea per i Medicinali che la Food and Drug Administration degli Stati Uniti hanno finora approvato questo regime solo in caso di pazienti che assumono stabilmente i farmaci antiretrovirali per via orale e che hanno ottenuto la soppressione virale.La prof.ssa Monica Gandhi, direttrice medica del Ward 86 (un centro dello Zuckerberg San Francisco General Hospital specializzato nell’assistenza per l’HIV), ha riferito sui risultati ottenuti con 133 persone che hanno iniziato la terapia con cabotegravir e rilpivirina a lunga durata d'azione tra il giugno 2021 e il novembre 2022. Ai partecipanti non era richiesto di essere viralmente soppressi al basale né di far precedere il trattamento da una fase di induzione orale.
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06/03/2023 10:31 - 06/03/2023 10:33 #5
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Risposta da LilaMod al topic CROI 2023
BOLLETTINO CONCLUSIVO
Nuovo promettente metodo di somministrazione della PrEP sottoposto al primo studio di sicurezza per il sesso anale.
Una preparazione suppositoria per la profilassi post- e pre-esposizione dell’HIV si è dimostrata sicura e in grado di garantire livelli farmacologici ben al di sopra della soglia di efficacia nei tessuti rettali.
La preparazione contiene 60mg di elvitegravir e 20mg di tenofovir alafenamide (TAF) e si assume inserendola nel canale vaginale o rettale, dove si dissolve nel giro di qualche ora. Si presenta come una supposta di un centimetro e mezzo di lunghezza e meno di un centimetro di diametro. Gli autori dello studio hanno valutato sicurezza e farmacocinetica (livelli di farmaco) della somministrazione di una supposta indagandone gli effetti nelle 72 ore successive all'inserimento rettale, per poi ripetere l’indagine somministrando invece due supposte. Hanno partecipato alla sperimentazione 23 persone HIV-negative (17 uomini e 6 donne), di cui 21 hanno ricevuto la dose singola e 19 la dose doppia.
Un regime con lenacapavir più anticorpi ampiamente neutralizzanti potrebbe essere somministrato solo due volte l’anno.
Il lenacapavir (commercializzato come Sunlenca), un nuovo antiretrovirale che può essere assunto solo una volta ogni sei mesi, in combinazione con due anticorpi ampiamente neutralizzanti (bnAbs) potrebbe costituire un regime completo per il trattamento dell’HIV efficace con due sole somministrazioni all'anno.
Il prof. Joseph Eron dell'Università della Carolina del Nord a Chapel Hill ha riferito alla Conferenza su uno studio in cui il 90% dei partecipanti che hanno ricevuto iniezioni di lenacapavir più infusioni dei bnAbs teropavimab e zinlirvimab avevano mantenuto la carica virale non rilevabile a distanza di sei mesi dall'interruzione della terapia antiretrovirale che assumevano precedentemente.Il lenacapavir è un inibitore del capside dell'HIV che funziona in modo diverso rispetto ad altri farmaci anti-HIV, e per questo mantiene l’efficacia anche contro i ceppi di virus che hanno sviluppato resistenza ad altre classi di antiretrovirali. Nel 2022, infatti, è stato approvato negli Stati Uniti e in Europa per il trattamento di pazienti che avevano sperimentato fallimenti terapeutici a causa di un’infezione da HIV multiresistente. Ha una lunga emivita, il che significa che potrebbe essere assunto solo due volte l'anno; ma attualmente non esistono altri antiretrovirali che possono essere somministrati a intervalli di tempo così lunghi.
L’adesione alla PrEP aumenta se si offrono agli utenti possibilità di scelta e flessibilità.
Gli interventi che prevedono un’offerta più dinamica e personalizzata di PrEP e PEP dell’HIV portano ad aumenti sostanziali del numero di persone che aderiscono, hanno riferito a CROI 2023 gli autori di alcune sperimentazioni condotte in zone rurali di Kenya e Uganda. Si tratta di tre separati studi randomizzati e controllati condotti sul territorio (coinvolgendo operatori sanitari locali), in ambulatori ostetrici e in ambulatori ospedalieri: da tutti e tre è emerso che questo tipo di offerta apporta benefici notevoli.Gli autori hanno preliminarmente condotto un’indagine qualitativa volta a identificare le barriere all’adesione ai programmi per la profilassi dell'HIV sulla base di cui hanno progettato il loro intervento, confrontandolo poi con l’offerta disponibile abitualmente.
L’intervento prevedeva che l’utente potesse scegliere il prodotto da usare per la prevenzione, il sito di erogazione e la modalità di esecuzione del test HIV; veniva inoltre offerta una fornitura di farmaci PrEP per tre mesi o pacchetti per iniziare la PEP, e ogni giorno erano disponibili consulti telefonici con operatori sanitari.
Le infezioni da HIV acquisite mentre si assume PrEP iniettabile potrebbero passare a lungo inosservate.
Nelle persone che acquisiscono l’infezione da HIV nonostante le iniezioni di cabotegravir per la profilassi pre-esposizione (PrEP), il decorso dell’infezione è diverso da quello che si osserva in chi non assume questo farmaco, ha detto la prof.ssa Susan Eshleman della Johns Hopkins University a CROI 2023.
Gli ultimi dati dello studio HPTN 083 sul cabotegravir iniettabile in uomini omo- e bisessuali e donne transgender mostrano che sei persone (meno dello 0,3%) hanno acquisito l'infezione da HIV nonostante avessero livelli di farmaco apparentemente sufficienti a garantire protezione.Il problema principale, con queste infezioni, è stabilire se si sono effettivamente verificate. Eshleman ha portato l’esempio di un partecipante a HPTN 083 che, dopo un primo esito positivo, nel corso delle successive 48 settimane si è sottoposto a ben 54 esami diagnostici utilizzando 6 diversi tipi di test, solo 15 dei quali hanno di nuovo dato esito positivo.
La studiosa ha coniato per questa sindrome il nome long-acting early viral inhibition o LEVI (inibizione virale precoce di lunga durata), e ha posto l’interrogativo di come dovrebbe essere affrontata da un punto di vista clinico.
Impianti sperimentali con islatravir prevengono l’infezione con un virus simil-HIV nei primati.
Stando ai risultati di uno studio presentato a CROI 2023, l’impiego di piccoli impianti sottocutanei che rilasciano l’antiretrovirale islatravir potrebbe un giorno rappresentare una valida opzione per la PrEP dell’HIV a lunga durata.
Un team di ricercatori ha testato un impianto ricaricabile che potrebbe continuare a rilasciare il farmaco per diversi anni, e un altro team ha valutato un impianto biodegradabile. Entrambi i dispositivi si sono mostrati in grado di proteggere le femmine di macaco in cui erano stati impiantati dall'infezione vaginale con l’SHIV, un virus ibrido con componenti sia del virus umano sia del corrispondente dell’HIV per i primati. L’impianto ricaricabile ha anche mostrato di proteggere gli esemplari maschi dall'infezione per via rettale.L'impianto ricaricabile è progettato per essere inserito sottopelle, ad esempio all'interno della parte superiore del braccio. Per ricaricarlo, viene inserito attraverso la pelle un ago che riempie l'impianto da un’apertura, mentre con un altro ago si preleva il liquido in eccesso da una seconda apertura.
Il prof. Alessandro Grattoni dello Houston Methodist Research Institute del Texas ha condotto con i suoi collaboratori uno studio di farmacocinetica su primati con impianti inseriti sotto la pelle della schiena, misurando le concentrazioni di farmaco nel tempo. I livelli si sono mantenuti per oltre 20 mesi al di sopra di quelli necessari per assicurare la protezione per la PrEP.
Altre notizie da CROI 2023
Il calo di globuli bianchi con islatravir non comporta maggiori rischi di infezione.
Le riduzioni della conta dei globuli bianchi osservate in pazienti trattati con il farmaco sperimentale per l'HIV islatravir non sono risultate associate a tassi d’infezione più elevati, e la combinazione islatravir più doravirina mantiene la soppressione virale con la stessa efficacia dei trattamenti assunti prima dello switch a questo regime.
Regimi HIV con TAF e cobicistat associati a sintomi fisici di depressione nelle donne.
Le donne con HIV che assumevano regimi antiretrovirali contenenti tenofovir alafenamide (TAF) e un inibitore della proteasi potenziato con cobicistat o un inibitore dell'integrasi sono risultate più soggette ad accusare numerosi sintomi fisici di depressione rispetto a donne trattate con altri regimi antiretrovirali, ha riferito il Women's Interagency HIV Study.
Perdita di peso dopo switch terapeutico più probabile in persone con massa corporea più elevata.
Dopo uno switch terapeutico da un regime contenente tenofovir alafenamide (TAF) e un inibitore dell'integrasi, sembra più probabile che si osservino perdite di peso nelle persone con un indice di massa corporea (BMI) di 30 o superiore, suggeriscono due studi europei.
Il fallimento di un regime a base di inibitori dell’integrasi può essere dovuto a una forma completamente nuova di resistenza.
Una resistenza di alto livello ai farmaci della famiglia degli inibitori dell'integrasi può insorgere in un modo completamente diverso da quello che si osserva con altri tipi di resistenza. Gli inibitori dell'integrasi possono perdere efficacia non a causa di mutazioni che si verificano nel bersaglio del farmaco, l'enzima integrasi, ma a causa di mutazioni nella proteina dell'involucro virale.
La pillola a base di TDF torna ad essere la prima scelta per i regimi PrEP negli Stati Uniti.
Oltre la metà di coloro che assumono la PrEP dell'HIV negli Stati Uniti usa oggi una pillola generica contenente tenofovir disoproxil fumarato (TDF) ed emtricitabina (FTC), ha rivelato un poster. Pare dunque che si sia invertita la tendenza a sostituire il TDF/FTC con la pillola tenofovir alafenamide/emtricitabina (commercializzata come Descovy).
Leggi tutto...
Nuovo promettente metodo di somministrazione della PrEP sottoposto al primo studio di sicurezza per il sesso anale.
Una preparazione suppositoria per la profilassi post- e pre-esposizione dell’HIV si è dimostrata sicura e in grado di garantire livelli farmacologici ben al di sopra della soglia di efficacia nei tessuti rettali.
La preparazione contiene 60mg di elvitegravir e 20mg di tenofovir alafenamide (TAF) e si assume inserendola nel canale vaginale o rettale, dove si dissolve nel giro di qualche ora. Si presenta come una supposta di un centimetro e mezzo di lunghezza e meno di un centimetro di diametro. Gli autori dello studio hanno valutato sicurezza e farmacocinetica (livelli di farmaco) della somministrazione di una supposta indagandone gli effetti nelle 72 ore successive all'inserimento rettale, per poi ripetere l’indagine somministrando invece due supposte. Hanno partecipato alla sperimentazione 23 persone HIV-negative (17 uomini e 6 donne), di cui 21 hanno ricevuto la dose singola e 19 la dose doppia.
Un regime con lenacapavir più anticorpi ampiamente neutralizzanti potrebbe essere somministrato solo due volte l’anno.
Il lenacapavir (commercializzato come Sunlenca), un nuovo antiretrovirale che può essere assunto solo una volta ogni sei mesi, in combinazione con due anticorpi ampiamente neutralizzanti (bnAbs) potrebbe costituire un regime completo per il trattamento dell’HIV efficace con due sole somministrazioni all'anno.
Il prof. Joseph Eron dell'Università della Carolina del Nord a Chapel Hill ha riferito alla Conferenza su uno studio in cui il 90% dei partecipanti che hanno ricevuto iniezioni di lenacapavir più infusioni dei bnAbs teropavimab e zinlirvimab avevano mantenuto la carica virale non rilevabile a distanza di sei mesi dall'interruzione della terapia antiretrovirale che assumevano precedentemente.Il lenacapavir è un inibitore del capside dell'HIV che funziona in modo diverso rispetto ad altri farmaci anti-HIV, e per questo mantiene l’efficacia anche contro i ceppi di virus che hanno sviluppato resistenza ad altre classi di antiretrovirali. Nel 2022, infatti, è stato approvato negli Stati Uniti e in Europa per il trattamento di pazienti che avevano sperimentato fallimenti terapeutici a causa di un’infezione da HIV multiresistente. Ha una lunga emivita, il che significa che potrebbe essere assunto solo due volte l'anno; ma attualmente non esistono altri antiretrovirali che possono essere somministrati a intervalli di tempo così lunghi.
L’adesione alla PrEP aumenta se si offrono agli utenti possibilità di scelta e flessibilità.
Gli interventi che prevedono un’offerta più dinamica e personalizzata di PrEP e PEP dell’HIV portano ad aumenti sostanziali del numero di persone che aderiscono, hanno riferito a CROI 2023 gli autori di alcune sperimentazioni condotte in zone rurali di Kenya e Uganda. Si tratta di tre separati studi randomizzati e controllati condotti sul territorio (coinvolgendo operatori sanitari locali), in ambulatori ostetrici e in ambulatori ospedalieri: da tutti e tre è emerso che questo tipo di offerta apporta benefici notevoli.Gli autori hanno preliminarmente condotto un’indagine qualitativa volta a identificare le barriere all’adesione ai programmi per la profilassi dell'HIV sulla base di cui hanno progettato il loro intervento, confrontandolo poi con l’offerta disponibile abitualmente.
L’intervento prevedeva che l’utente potesse scegliere il prodotto da usare per la prevenzione, il sito di erogazione e la modalità di esecuzione del test HIV; veniva inoltre offerta una fornitura di farmaci PrEP per tre mesi o pacchetti per iniziare la PEP, e ogni giorno erano disponibili consulti telefonici con operatori sanitari.
Le infezioni da HIV acquisite mentre si assume PrEP iniettabile potrebbero passare a lungo inosservate.
Nelle persone che acquisiscono l’infezione da HIV nonostante le iniezioni di cabotegravir per la profilassi pre-esposizione (PrEP), il decorso dell’infezione è diverso da quello che si osserva in chi non assume questo farmaco, ha detto la prof.ssa Susan Eshleman della Johns Hopkins University a CROI 2023.
Gli ultimi dati dello studio HPTN 083 sul cabotegravir iniettabile in uomini omo- e bisessuali e donne transgender mostrano che sei persone (meno dello 0,3%) hanno acquisito l'infezione da HIV nonostante avessero livelli di farmaco apparentemente sufficienti a garantire protezione.Il problema principale, con queste infezioni, è stabilire se si sono effettivamente verificate. Eshleman ha portato l’esempio di un partecipante a HPTN 083 che, dopo un primo esito positivo, nel corso delle successive 48 settimane si è sottoposto a ben 54 esami diagnostici utilizzando 6 diversi tipi di test, solo 15 dei quali hanno di nuovo dato esito positivo.
La studiosa ha coniato per questa sindrome il nome long-acting early viral inhibition o LEVI (inibizione virale precoce di lunga durata), e ha posto l’interrogativo di come dovrebbe essere affrontata da un punto di vista clinico.
Impianti sperimentali con islatravir prevengono l’infezione con un virus simil-HIV nei primati.
Stando ai risultati di uno studio presentato a CROI 2023, l’impiego di piccoli impianti sottocutanei che rilasciano l’antiretrovirale islatravir potrebbe un giorno rappresentare una valida opzione per la PrEP dell’HIV a lunga durata.
Un team di ricercatori ha testato un impianto ricaricabile che potrebbe continuare a rilasciare il farmaco per diversi anni, e un altro team ha valutato un impianto biodegradabile. Entrambi i dispositivi si sono mostrati in grado di proteggere le femmine di macaco in cui erano stati impiantati dall'infezione vaginale con l’SHIV, un virus ibrido con componenti sia del virus umano sia del corrispondente dell’HIV per i primati. L’impianto ricaricabile ha anche mostrato di proteggere gli esemplari maschi dall'infezione per via rettale.L'impianto ricaricabile è progettato per essere inserito sottopelle, ad esempio all'interno della parte superiore del braccio. Per ricaricarlo, viene inserito attraverso la pelle un ago che riempie l'impianto da un’apertura, mentre con un altro ago si preleva il liquido in eccesso da una seconda apertura.
Il prof. Alessandro Grattoni dello Houston Methodist Research Institute del Texas ha condotto con i suoi collaboratori uno studio di farmacocinetica su primati con impianti inseriti sotto la pelle della schiena, misurando le concentrazioni di farmaco nel tempo. I livelli si sono mantenuti per oltre 20 mesi al di sopra di quelli necessari per assicurare la protezione per la PrEP.
Altre notizie da CROI 2023
Il calo di globuli bianchi con islatravir non comporta maggiori rischi di infezione.
Le riduzioni della conta dei globuli bianchi osservate in pazienti trattati con il farmaco sperimentale per l'HIV islatravir non sono risultate associate a tassi d’infezione più elevati, e la combinazione islatravir più doravirina mantiene la soppressione virale con la stessa efficacia dei trattamenti assunti prima dello switch a questo regime.
Regimi HIV con TAF e cobicistat associati a sintomi fisici di depressione nelle donne.
Le donne con HIV che assumevano regimi antiretrovirali contenenti tenofovir alafenamide (TAF) e un inibitore della proteasi potenziato con cobicistat o un inibitore dell'integrasi sono risultate più soggette ad accusare numerosi sintomi fisici di depressione rispetto a donne trattate con altri regimi antiretrovirali, ha riferito il Women's Interagency HIV Study.
Perdita di peso dopo switch terapeutico più probabile in persone con massa corporea più elevata.
Dopo uno switch terapeutico da un regime contenente tenofovir alafenamide (TAF) e un inibitore dell'integrasi, sembra più probabile che si osservino perdite di peso nelle persone con un indice di massa corporea (BMI) di 30 o superiore, suggeriscono due studi europei.
Il fallimento di un regime a base di inibitori dell’integrasi può essere dovuto a una forma completamente nuova di resistenza.
Una resistenza di alto livello ai farmaci della famiglia degli inibitori dell'integrasi può insorgere in un modo completamente diverso da quello che si osserva con altri tipi di resistenza. Gli inibitori dell'integrasi possono perdere efficacia non a causa di mutazioni che si verificano nel bersaglio del farmaco, l'enzima integrasi, ma a causa di mutazioni nella proteina dell'involucro virale.
La pillola a base di TDF torna ad essere la prima scelta per i regimi PrEP negli Stati Uniti.
Oltre la metà di coloro che assumono la PrEP dell'HIV negli Stati Uniti usa oggi una pillola generica contenente tenofovir disoproxil fumarato (TDF) ed emtricitabina (FTC), ha rivelato un poster. Pare dunque che si sia invertita la tendenza a sostituire il TDF/FTC con la pillola tenofovir alafenamide/emtricitabina (commercializzata come Descovy).
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