IAS 2021

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21/07/2021 15:50 - 21/07/2021 15:54 #1 da LilaMod
IAS 2021 è stato creato da LilaMod


Data: 18 - 21 luglio 2021
Autore: NAM - Traduzione italiana a cura di LILA Onlus

LILA Onlus - Lega Italiana per la Lotta contro l'Aids, in collaborazione con NAM , è lieta di fornirti la copertura scientifica ufficiale on-line della XI Conferenza IAS sull'Hiv ( IAS 2021 ), che si terrà a in modalità virtuale dal 18 al 21 luglio 2021.
NAM sarà presente e riferirà sui temi chiave della Conferenza inviando bollettini riassuntivi (in italiano, grazie alla collaborazione con LILA Onlus) via email.

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21/07/2021 15:55 - 21/07/2021 15:57 #2 da LilaMod
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PRIMO BOLLETTINO

Farmaco iniettabile per il trattamento dell’HIV multifarmacoresistente efficace con due sole somministrazioni all’anno.

In uno studio su pazienti con infezione da HIV multifarmacoresistente trattati con un regime inefficace, la somministrazione di lenacapavir ha consentito di ottenere una carica virale non rilevabile nell’80% dei partecipanti.
Il lenacapavir è un nuovo antiretrovirale che permette di limitare l’assunzione a sole due volte l’anno. Nello studio presentato questa settimana alla 11° Conferenza dell’International AIDS Society sulla ricerca in materia di HIV (IAS 2021) è stato somministrato tramite iniezione sottocutanea nell’addome.
Il professor Jean-Michel Molina dell'Hôpital Saint-Louis di Parigi ha presentato alla Conferenza i risultati relativi ai primi sei mesi dello studio.


Priorità alle persone con HIV per la vaccinazione anti-COVID-19.
Alle persone con infezione da HIV va data priorità nei piani di vaccinazione anti-COVID-19, ha dichiarato l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a seguito della presentazione a IAS 2021 dei risultati di uno studio che attesta che le persone con HIV sono esposte a un rischio più elevato di sviluppare forme gravi di malattia.
Dallo studio, condotto dall'OMS su oltre 15.000 casi di COVID-19 in persone affette da HIV principalmente in Sudafrica (94,6%), è infatti emerso che sebbene l'aumento del rischio di sviluppare forme gravi di COVID-19 sia in sé modesto, è particolarmente importante in paesi come il Sudafrica, dove il numero di persone con HIV è elevato, ha spiegato ad aidsmap la dott.ssa Silvia Bertagnolio dell'OMS.


Epatite C praticamente eliminata dalle persone affette da HIV nei Paesi Bassi.
Nei Paesi Bassi l’epatite C è stata quasi eliminata come problema di salute per le persone con infezione da HIV grazie ai farmaci ad azione antivirale diretta, è stato riferito questa settimana a IAS 2021.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha stabilito degli obiettivi per l'eliminazione globale dell'epatite C entro il 2030, tra cui rientrano trattare l'80% dei pazienti con infezione cronica da epatite C e ridurre i nuovi casi del 90% rispetto al 2015. A livello nazionale, l'eliminazione dell'epatite C dipende dall’efficienza di screening, diagnosi e presa in carico del paziente, oltre che dalla disponibilità del trattamento. I gruppi di popolazione con elevata prevalenza di epatite C, come le persone con HIV, sono stati considerati prioritari per le campagne di microeliminazione (ossia l’eliminazione in un territorio definito).


Nei paesi a più alta prevalenza HIV non è ancora raccomandato il dolutegravir per tutti.
È dal 2019 che il dolutegravir è raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come componente dei regimi di prima linea per il trattamento dell’HIV per tutti gli adulti: eppure, secondo un’analisi presentata a IAS 2021, a seguire queste linee guida  è ancora meno della metà dei paesi africani maggiormente colpiti dall’HIV.
L'inibitore dell'integrasi dolutegravir è stato raccomandato per la prima volta dall'OMS come parte di un regime alternativo di prima linea nel 2016. Nel 2018 in uno studio condotto in Botswana sono però emersi alcuni dati preliminari circa un possibile aumento del rischio di difetti del tubo neurale (un tipo di difetto congenito) ad esso associato, in conseguenza dei quali sono state formulate avvertenze circa la sicurezza della somministrazione di questo farmaco che hanno spinto l'OMS a raccomandare il dolutegravir per le donne in età fertile solo se era disponibile una contraccezione affidabile.


Più violenze sessuali contro le donne in Uganda durante la pandemia da COVID-19.
Durante la pandemia da COVID-19 sono aumentate in Uganda le segnalazioni di stupro e violenza sessuale contro donne e ragazze, mentre è calata la richiesta di profilassi post esposizione (PEP), un trattamento di emergenza per prevenire l’infezione da HIV. Questi dati, riferiti a IAS 2021, fanno pensare che le donne e ragazze ugandesi durante la pandemia siano state maggiormente esposte all’infezione da HIV.
Rose Apondi e i suoi colleghi dei CDC (Centers for Disease Control and Prevention) hanno analizzato dati raccolti di routine per confrontare la situazione dei sei mesi precedenti la pandemia di COVID-19 (da ottobre 2019 a marzo 2020) con quella dei sei mesi successivi all’inizio della pandemia (da aprile 2020 a settembre 2020). Sono stati esaminati i dati relativi alle denunce per stupro e quelli sull’adesione alla PEP per donne e ragazze di tutte le età, ricavandoli dalle cartelle cliniche; a questi sono state aggiunte le denunce di violenza sessuale e le segnalazioni di gravidanze di adolescenti al di sotto dei 18 anni pervenute numero di emergenza per l’infanzia del paese.


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21/07/2021 15:58 - 21/07/2021 15:59 #3 da LilaMod
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SECONDO BOLLETTINO

Gli interventi mirati sugli adolescenti migliorano la soppressione virale.

Una serie di interventi sul territorio mirati alle esigenze specifiche di adolescenti e giovani affetti da HIV sperimentati in Namibia e Nigeria hanno portato a un miglioramento degli outcome per i pazienti, compresa la soppressione virale.
In tutta la regione dell'Africa subsahariana è in cura solo il 43% circa degli adolescenti con infezione da HIV. In Namibia, 25 strutture terapeutiche hanno preso parte a uno sforzo collaborativo per aumentare la soppressione virale negli adolescenti e nei giovani, con interventi attuati tra agosto 2018 e dicembre 2020. Tra le strategie sperimentate si annoverano: l'adozione di un registro per monitorare i pazienti che non avevano raggiunto la soppressione virale (in tutti i siti); il rafforzamento dei servizi di counselling a sostegno dell’aderenza terapeutica (80% dei siti); la terapia direttamente osservata, ovvero l’assunzione dei farmaci sotto osservazione diretta (52%); l’uso di portapillole (32%); la creazione di gruppi di sostegno per l’aderenza rivolti ad adolescenti o il rafforzamento di quelli già esistenti (64%); e la garanzia di un tempestivo cambiamento del regime antiretrovirale, se necessario (in tutti i siti).
 

Flessibilità, assistenza di persona e incentivi per i senzatetto HIV-positivi.

Le persone senza fissa dimora o comunque in condizioni di precarietà abitativa coinvolte in uno studio presentato a IAS 2021 hanno espresso preferenze diverse sulle modalità con cui fruire dell’assistenza per l'HIV: la maggioranza mette al primo posto la flessibilità, mentre per circa un terzo degli intervistati è importante vedere costantemente lo stesso operatore sanitario. La telemedicina, adottata in molte strutture sanitarie a causa del COVID-19, non è invece risultata un'opzione apprezzata.
A San Francisco i dati sulle persone con HIV sono complessivamente soddisfacenti, se si pensa che il 75% della popolazione HIV-positiva della città ha una carica virale non rilevabile; il dato scende però al 39% tra le persone senza fissa dimora.
Un team di ricercatori dell'Università della California, San Francisco – che già in passato aveva affrontato il tema di un approccio alla cura centrato sui bisogni della singola persona per questo gruppo di popolazione – ha valutato in questo studio una gamma di possibili strategie per migliorarne il coinvolgimento nel percorso di cura.
 

Farmaco da iniettare due volte l’anno dà risultati promettenti per il trattamento di prima linea dell’HIV.

Stando ai primi risultati di un piccolo studio presentato a IAS 2021, il lenacapavir – un inibitore sperimentale del capside dell’HIV – potrebbe essere impiegato all’interno di un regime combinato in persone che iniziano per la prima volta la terapia antiretrovirale, con due sole iniezioni all’anno.
Il prof. Samir Gupta dell'Università dell'Indiana ha presentato i risultati su efficacia e sicurezza del farmaco relativi alle prime 28 settimane. Per lo studio sono state arruolate 182 persone che iniziavano la terapia per la prima volta, con conte dei CD4 superiori a 200. All'inizio dello studio, il 15% dei partecipanti aveva una carica virale superiore a 100.000. L'età media era di 29 anni; il 7% erano donne e il 52% erano neri.
 

Rischio cardiovascolare più elevato per le persone con HIV.

Le persone con infezione da HIV presentano più fattori di rischio cardiovascolare e sono esposte a maggior rischio di malattie cardiovascolari, è stato riferito a IAS 2021 questa settimana. E senza differenze per fascia d'età.
Magari questi risultati non sorprenderanno, poiché l'aumento del rischio di malattie cardiovascolari e dei fattori di rischio associati nelle persone con HIV è già stato verificato in passato: tuttavia, molti degli studi a riguardo fanno riferimento agli Stati Uniti, una realtà diversa da altri paesi ad alto reddito sia per comportamenti in materia di salute che per accesso all’assistenza sanitaria, e la maggior parte risalgono a oltre dieci anni fa.
Dei ricercatori dell'Università di Birmingham (Regno Unito) hanno dunque voluto quantificare il rischio di malattie cardiovascolari in persone HIV-positive che vivono nel Regno Unito, con particolare riferimento a ictus, infarto del miocardio, malattie vascolari periferiche, cardiopatia ischemica e insufficienza cardiaca. A questo scopo si sono serviti di una banca dati anonima di cartelle elettroniche di medici di base (assistenza primaria).
 

PREP, poche le infezioni da HIV in Brasile e Messico, più critica la situazione del Perù.

Mentre in Brasile e Messico si sono avute poche nuove infezioni da HIV tra persone che assumono la profilassi pre-esposizione (o PrEP, farmaci assunti su base regolare per prevenire l’infezione da HIV), in Perù è stato segnalato un numero consistente di nuovi casi. Si tratta di dati aggiornati provenienti da un ampio progetto dimostrativo che coinvolge l’America latina, presentati questa settimana a IAS 2021.
Lo studio, denominato ImPrEP, è in corso dal 2018 in 24 città di Brasile, Perù e Messico. Sebbene il suo scopo principale sia valutare l’adesione ai programmi PrEP, l’aderenza terapeutica e l’impatto sull’incidenza HIV in uomini che fanno sesso con uomini (MSM) e donne trans, sono state condotte ulteriori analisi sui fattori predittivi di sieroconversione (acquisizione dell’infezione da HIV) e sugli ostacoli all'accesso alla PrEP.
 

Sentimenti contrastanti tra gli operatori sanitari verso i pazienti che abbandonano le cure.

Uno studio presentato a IAS 2021 ha esplorato il punto di vista degli operatori sanitari sui pazienti che interrompono la terapia antiretrovirale in Sudafrica. Dai risultati emerge che gli operatori sanitari nutrono per questi pazienti sentimenti contrastanti, che vanno dall'empatia alla rabbia.
È ormai comprovato che gli atteggiamenti negativi da parte degli operatori sanitari hanno un impatto sull'aderenza al trattamento dell’HIV. Tuttavia, finora gli studi non si sono mai concentrati sul punto di vista degli operatori sanitari o sulla loro percezione del fenomeno dell’abbandono delle cure.
In questo studio, i ricercatori hanno intervistato 30 operatori di un istituto per l’assistenza sanitaria di base a Khayelitsha, una township di Città del Capo. Tutti lavoravano in quel centro da almeno un anno e interagivano con pazienti che partecipavano a un programma pilota per il sostegno a persone che riprendevano il percorso di cura dopo averlo interrotto.


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28/07/2021 18:23 - 28/07/2021 18:25 #4 da LilaMod
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TERZO BOLLETTINO

Rischio di COVID-19 grave più elevato con basse conte CD4 e mancata soppressione HIV.

In uno studio su casi di COVID-19 in 16 ospedali spagnoli è emerso che i pazienti HIV-positivi con carica virale rilevabile e conta dei CD4 inferiore a 500 sono più a rischio di sviluppare manifestazioni gravi di COVID-19.
Lo studio ha anche mostrato che la presenza di molteplici comorbidità – ipertensione, malattie cardiovascolari, malattie renali croniche o cancro – aumentava notevolmente il rischio di andare incontro un esito grave della malattia, il che conferma i risultati di altri studi condotti su persone con infezione da HIV e popolazione generale.
Svariati ampi studi dimostrano che le persone con HIV sono più esposte al rischio di malattia grave e morte da COVID-19; tra questi anche l’ampio studio dell'Organizzazione Mondiale della Sanità presentato a IAS 2021. 


Rari i casi di fallimento della PrEP nei programmi africani, ma alcune infezioni si verificano malgrado la buona aderenza terapeutica.
A IAS 2021 è stato presentato il primo studio sui livelli farmacologici e le farmacoresistenze in soggetti che acquisiscono l'HIV nonostante la PrEP (farmaci assunti regolarmente per prevenire l'infezione da HIV) in condizioni reali nell’ambito di programmi per la PrEP attivi in quattro paesi africani, in cui questi programmi stanno conoscendo una rapida espansione.
Sono stati individuati 229 casi di infezione da HIV su circa 104.000 persone che assumevano la PrEP in Sudafrica, Kenya, Zimbabwe ed Eswatini. Anche se qualche caso può essere passato sotto radar, il dato suggerisce che le infezioni da HIV nelle persone che assumono la PrEP siano rare. La maggior parte degli eventi di infezione si sono verificati in persone che assumevano la PrEP da più di tre mesi.


Trattamento HIV iniettabile a lunga durata d’azione fattibile anche con il COVID-19.
L’impiego dei farmaci iniettabili a lunga durata d'azione per il trattamento dell’HIV cabotegravir (Vocabria) e rilpivirina (Rekambys) – che vengono somministrati una volta al mese o ogni due mesi da un operatore sanitario – è un’opzione praticabile con successo negli Stati Uniti, stando a quanto emerso da uno studio presentato a IAS 2021. Né gli operatori né i pazienti hanno incontrato particolari problemi a somministrare o ricevere le iniezioni nonostante la riorganizzazione dei servizi sanitari che si è resa necessaria per fronteggiare la pandemia di COVID-19.
Nel gennaio 2020, la Food and Drug Administration degli Stati Uniti ha approvato questa combinazione (commercializzata in Nord America con il nome di Cabenuva) per la somministrazione mensile. L'Agenzia Europea del Farmaco ha fatto seguito nell'ottobre 2020, approvandola per la somministrazione mensile o bimestrale.


Accesso al trattamento dell'HIV migliorato in svariati paesi africani durante il COVID-19.
Secondo uno studio presentato a IAS 2021, le persone con infezione da HIV in sei paesi dell'Africa sub-sahariana hanno subito meno interruzioni di trattamento durante e dopo i lockdown per COVID-19 rispetto a prima della pandemia.
Le prime modellazioni dell'impatto del COVID-19 avevano previsto che le persone affette da HIV avrebbero incontrato difficoltà ad accedere al trattamento a causa dei lockdown nazionali, delle limitazioni agli spostamenti e dell’ingolfamento dei sistemi sanitari.
Gli autori di questo studio hanno condotto una valutazione dei dati sull'interruzione del trattamento in Botswana, Eswatini, Namibia, Ruanda, Uganda, Zambia e Zimbabwe.
Gli studiosi hanno esaminato i dati dei programmi di erogazione del trattamento confrontando il numero di pazienti interessati da un'interruzione nei mesi in cui erano in vigore le misure più restrittive (aprile-giugno 2020) con i tre mesi precedenti al lockdown (gennaio-marzo 2020) e i tre successivi (luglio-settembre 2020).


Migliora la soppressione virale in Uganda grazie alla maggiore quantità e rapidità di esecuzione dei test della carica virale.
In Uganda si è riusciti a ottenere nell’arco di un anno un significativo aumento dei tassi di soppressione virale grazie a semplici misure per migliorare le procedure di richiesta e velocizzare i tempi di risposta dei test della carica virale, si è appreso questa settimana a IAS 2021.
Sebbene il test della carica virale faccia parte delle prassi consolidate nei programmi di trattamento dell’HIV del paese, ci sono notevoli margini di miglioramento per quanto riguarda il numero di persone che lo eseguono; inoltre, tra il momento in cui viene richiesto il test a quando il paziente ottiene i risultati possono passare anche due mesi.
Venti strutture sanitarie hanno partecipato a uno studio in cui sono state randomizzate per continuare ad applicare le procedure standard o per testare un pacchetto di interventi.


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28/07/2021 18:27 - 28/07/2021 18:28 #5 da LilaMod
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QUARTO BOLLETTINO

Trattamento precoce e conte CD4 più elevate associati a una riduzione dei reservoir HIV.

Le persone che iniziano il trattamento antiretrovirale precocemente, prima che l’infezione da HIV arrechi estesi danni al sistema immunitario, hanno reservoir virali di dimensioni ridotte: questo aumenta le possibilità di giungere a una cura funzionale.
Sin dalle prime fasi dell'infezione primaria, l'HIV instaura dei serbatoi di virus inattivo detti reservoir, che persistono indefinitamente nei linfociti T con lunga emivita latentemente infetti. I farmaci anti-HIV sono in grado di tenere sotto controllo la replicazione virale, ma non eliminano il virus latente, dunque la sospensione delle terapie può provocare una riattivazione dell’infezione: un ostacolo primario per la messa a punto di una cura per l’HIV. 


Tubercolosi multiresistente, un trattamento più breve e meno tossico è efficace in nove casi su dieci.
Un regime ad assunzione orale della durata di sei mesi con minore esposizione al farmaco tossico linezolid si è mostrato in grado di ottenere alti tassi di guarigione nelle persone con tubercolosi altamente resistente ai farmaci, si è appreso a IAS 2021 questa settimana. L'89% dei partecipanti allo studio non presentava tracce di infezione dopo sei mesi dal termine del trattamento.
La maggior parte dei regimi raccomandati per il trattamento della tubercolosi multiresistente (MDR-TB) devono essere assunti per almeno nove mesi, e alcuni fino anche a 20. Nel 2020, uno studio aveva mostrato che un ciclo di sei mesi di bedaquilina, pretomanid e linezolid ad assunzione orale era efficace contro la MDR-TB: i partecipanti avevano però frequentemente accusato gravi effetti collaterali dovuti al linezolid.
 

Cabotegravir iniettabile molto più efficace per le donne della PrEP ad assunzione orale quotidiana secondo i modelli matematici.

Secondo un ulteriore studio presentato a IAS 2021, ricevere un’iniezione di cabotegravir ogni due mesi come regime PrEP è un'opzione altamente efficace per le donne, possibilmente anche più di quanto riportato in un'analisi precedente.
Lo studio HPTN 084 ha confrontato sicurezza ed efficacia di un regime PrEP (farmaci assunti regolarmente per prevenire l'infezione da HIV) consistente in una somministrazione bimestrale di cabotegravir confrontandola con la PrEP ad assunzione orale quotidiana di tenofovir disoproxil fumarato ed emtricitabina (TDF/FTC) in oltre 3000 donne cisgender sessualmente attive di età compresa tra i 18 e i 45 anni in sette paesi dell'Africa sub-sahariana.
La fase in cieco dello studio è stata interrotta nel novembre 2020, dopo che i risultati intermedi hanno mostrato che le partecipanti assegnate casualmente per ricevere iniezioni di cabotegravir avevano un rischio di acquisire l'infezione da HIV dell’89% più basso rispetto a quelle che assumevano quotidianamente TDF/FTC per via orale. Si tratta della più alta efficacia mai riscontrata in uno studio sulla PrEP nelle donne. La PrEP ad assunzione quotidiana per via orale ha infatti dato risultati eccellenti negli MSM (uomini che fanno sesso con uomini), ma era stata trovata meno efficace per le donne – in gran parte a causa dell’aderenza subottimale.
 

Un'agenda per la ricerca sulla prevenzione dell'HIV per le persone transgender e gender-diverse.

Un gruppo di ricercatori e attivisti appartenenti comunità delle persone transgender e gender-diverse, in collaborazione con l'associazione AVAC, hanno stilato un manifesto per allineare la ricerca sulla prevenzione dell'HIV con la loro attuale realtà e le loro esigenze: un documento di forte impatto intitolato No Data No More che è stato presentato questa settimana a IAS 2021.
Si stima che nel mondo ci siano 25 milioni di adulti transgender, con una prevalenza globale dell'HIV del 19% tra le donne transgender: un dato ben 49 volte superiore a quello della popolazione generale. Tra il 2010 e il 2019, i tassi di incidenza dell'HIV nelle donne trans a livello globale sono aumentati del 5%, mancando dunque ampiamente l'obiettivo di UNAIDS di ridurre le nuove infezioni da HIV del 75% in questa popolazione chiave entro il 2020.
C'è scarsità di dati sull'HIV sugli uomini trans, e ancora di più sulle persone non-binarie (coloro che non si identificano necessariamente con uno dei due generi biologici).


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